Con un’operazione ammantata del proverbiale mistero di Cupertino, pare che Apple abbia aggiunto alle sue fila l’esperto di sicurezza David Rice in qualità di responsabile della sicurezza globale. Obiettivo non dichiarato, spingere iPhone e iPad nel mercato enterprise.
Con la diffusione di cui godono i dispositivi iOS e con numeri tanto positivi, non sorprende che Apple voglia spingersi ben oltre le attuali possibilità del suo Sistema Operativo mobile. Al di là del mercato consumer e dell’istruzione, infatti, c’è ancora da colonizzare quello delle imprese, delle grandi società e delle agenzie governative.
Grazie alle competenze specifiche acquisite nel suo ruolo di Global Network Vulnerability analyst per la National Security Agency e Special Duty Cryptologic officer per la Marina, Rice rappresenta probabilmente uno dei jolly su cui punta Cupertino per rinsaldare la gestione della sicurezza su iOS e renderlo maggiormente appetibile su larga scala. Nella sua visione delle cose, i bug sono un male inevitabile ma assolutamente circoscrivibile, costi quel che costi:
[Rice] afferma che il software non differisce da alcuna moderna infrastruttura, proprio come un ponte, e se è costruito male o insicuro costituisce un rischio pubblico. Coloro che comprano il software -utenti comuni, società o enti governativi- finiscono sempre col diventare beta tester a causa di un’industria incurante delle perdite che provoca ai propri clienti.
Per risolvere il problema, o almeno tentare di lenirne gli effetti devastanti, Rice è arrivato persino a proporre una tassa sui bug non troppo dissimile da quella sugli inquinanti per l’industria: una provocazione che, se attuata, rischierebbe potenzialmente di mandare sul lastrico produttori storici noti e meno noti.
Manco a dirlo, né da David Rice né da Apple sono giunte risposte ufficiali sulla faccenda, e c’è da scommetterci che probabilmente non arriveranno mai.