Non tutti i brevetti depositati da Cupertino hanno a che fare con tecnologie mirabolanti e futuristiche; talvolta, le idee espresse al loro interno derivano semplicemente dal buon senso e dalla praticità, e non è detto che valgano meno delle altre. È il caso del brevetto numero 8.358.273 depositato presso lo U.S. Patent and Trademark Office da Apple: descrive un metodo per impostare la luminosità dello schermo anche in base ai contenuti visualizzati.
Si intitola “Portable media device with power-managed display” ed è una tecnologia che si prende cura dello schermo modulandone la luminosità in base a diversi parametri, tra cui quel che viene riprodotto in un determinato momento:
Altre tecniche come i controlli basati sui fotosensori sono in uso da anni, ma il metodo di Apple va oltre, perché mette in conto anche il controllo dei contenuti visualizzati. Attualmente, i dispositivi possono ridurre automaticamente l’intensità della retroilluminazione in ambienti bui, o dopo un certo periodo di tempo in cui non vengono utilizzati. Col brevetto ‘273, invece, vengono contemplati sia il tipo che le caratteristiche del contenuto mostrato a schermo, e ciò consente di migliorare ulteriormente le procedure di auto-dimming e, di conseguenza, di aumentare il risparmio energetico.
E quindi, se per esempio stiamo scorrendo immagini molto solari e con gamma dinamica elevata, il sistema ridurrà automaticamente l’intensità della retroilluminazione; per i video, invece, le cose sono molto più complesse: in quel caso è richiesto un monitoraggio costante del flusso, fotogramma per fotogramma oppure a determinati intervalli.
I livelli di azione della tecnologia possono essere prefissati a monte da Apple oppure configurati più nel dettaglio dagli utenti, magari con dei comodi preset per tutte le esigenze. Peccato soltanto che il brevetto glissi sulla quantità di potere computazionale necessario per il suo funzionamento. E’ evidente infatti che un carico di lavoro eccessivo andrebbero a vanificare in un colpo solo tutti i vantaggi acquisiti. La documentazione porta in calce la firma di Andrew Bert Hodge, Guy Bar-Nahum, Shawn R. Gettemy e David John Tupman.