Proprio in questi giorni, la bellezza di nove anni fa, CodeWeavers aveva fatto un annuncio che scosse le fondamenta dell’utenza Apple e che avrebbe portato a grossissime conseguenze. A giugno 2005, Cupertino avevano ufficialmente annunciato l’abbandono dell’architettura PowerPC sviluppata da IBM per passare a Intel Core Duo Yonah, ed è in quell’occasione che nacque il nickname “Mactel” per indicare questa nuova classe di computer, forgiato sulla falsariga di “Wintel,” dalla crasi di “Mac” e “Intel.”
Prima di allora si era sempre utilizzato processori molti diversi; c’è stata l’epoca dei Motorola e poi, per l’appunto, quella dei PowerPC. D’altro canto, la tecnologia rappresenta un modo in eterna evoluzione, e già da diversi anni si vocifera dell’arrivo di un ultra-portatile con processore ARM, il che significa anche che nelle segrete di Cupertino circola probabilmente una versione di OS X ottimizzata per questo tipo di processore. Ma torniamo a noi.
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A distanza di un mese dalla notizia, assorbita l’onda d’urto della novità, CodeWeavers fiutò subito l’affare e promise di portare su Mac le app di Windows:
CodeWeavers ha annunciato che creerà un’applicazione in grado di far girare le applicazioni Windows sui Mactel, senza bisogno di installare sistemi operativi aggiuntivi. L’azienda è già nota per aver prodotto Cross Over Office, un software che consente di usare applicazioni Windows su Linux, tramite Wine.
Una decisione che aveva del rivoluzionario, e che non appariva per niente scontata, tant’è che Cupertino dovette esplicitamente dare il suo benestare ai nuovi scenari in arrivo. I commentatori del tempo si fecero una domanda che doveva suonare retorica e che invece era molto più sofisticata: per quale ragione chi ha scelto Mac dovrebbe voler installare programmi per Windows? Risposta automatica: per nessuna ragione. Ma si tratta di un atteggiamento un po’ limitante, visto che tutt’oggi (r)esistono ancora numerose applicazioni che funzionano meglio o esclusivamente su Windows; pensate al parco software commissionato dalle PMI, oppure ai software altamente specifici (tipo quelli dedicati alla gestione dei condomìni, anche se le cose stanno cambiando rapidamente); e avete mai provato a utilizzare gli orripilanti strumenti per la comunicazione con l’Agenzia delle Entrate? In certi casi, insomma, il supporto al Mac è più teorico che reale.
Tra l’altro, CodeWeavers non parlava di virtualizzazione -cioè un OS che gira all’interno di un altro OS- ma proprio di app scritte per Windows che si aprono su OS X come qualunque altra app nativa. È una tecnologia basata sul programma Open Source Wine che ancora oggi viene offerta col pacchetto CrossOver, ma se chiedete a noi, non è qualcosa con cui vorremmo avere a che fare quotidianamente, men che meno per lavoro. Dai nostri test, si è rivelato un prodotto macchinoso e scarsamente affidabile; molto meglio avvalersi dei prodotti VMWare o Parallels
Nel 2005, molte -troppe- applicazioni interessanti non esistevano per la nostra piattaforma; figuratevi che non c’era neppure Google Earth. Oggi, invece, si dà per scontata non solo la compatibilità con Mac ma anche l’integrazione con iPhone e iPad. Sono passati solo nove anni, eppure sembra di parlare del secolo scorso.