Ogni acquisizione di Apple sembra un jackpot per la mela (che si trova tecnologie all’avanguardia senza alzare un dito) e per la startup (che vede arrivare flussi giganteschi e continui di denaro). Ma in realtà nasconde una serie di insidie che rendono l’intero processo incredibilmente stressante e faticoso. E lo sappiamo grazie alle rivelazioni cinguettate da David Hodge, fondatore dell’app di mappe Embark.
Apple acquistò Embark nel 2013 per migliorare la propria cartografia digitale, che al tempo era pessima. Hodge fu invitato a Cupertino con la scusa di migliorare l’integrazione tra i servizi offerti dalla sua società e iPhone: in realtà, in ballo c’era una proposta d’acquisizione. Anzi, per usare le sue stesse parole, una “audizione per un’acquisizione.”
“Cosa si prova a vendere la tua azienda?” si domanda Hodge. “Be’, è un processo da incubo che rischia di uccidere la tua azienda, se non finisce bene. E poi, c’è una marea di carte da preparare.”
Tant’è che, proprio a causa dei carteggi e della burocrazia, Hodge non è potuto essere presente sul palco del WWDC 2013; ci sono voluti 3 mesi di preparativi, e un conto salato da 195.000$ in spese legali che nessuno gli avrebbe rimborsato se le cose avessero preso una brutta piega.
Inoltre, l’entrata a gamba tesa di Apple negli asset societari ha avuto un’altra importante contropartita: la rassicurante finestra di 16 mesi per il lancio di prodotto è stata ridotta a soli 8 mesi.
Una quantità di stress insopportabile, che ha avuto ripercussioni perfino sulla salute:
“A quanto pare, [il processo d’acquisizione] mi ha portato ad un dolorosissimo problema causato dal digrignamento notturno dei denti.”
Il tutto condito dall’impossibilità di parlarne con chiunque, compresi amici, parenti e familiari. Per discutere della cosa, i dipendenti Embark hanno dovuto organizzare un party segreto in un capannone. E hanno dovuto addirittura lasciare gli uffici alla chetichella, senza dare troppo nell’occhio.
“È stato difficile,” chiosa Hodge. “Siamo stati molto fortunati ad arrivare al punto in cui Apple desiderava parlare con noi e siamo stati fortunati che poi tutto sia filato liscio.” Soprattutto se consideriamo che, a un certo punto, sembrava che l’accordo fosse sul punto di saltare a causa di uno degli investitori originali di Embark. Alla fine, però, la firma è arrivata e, tra episodi di bruxismo e riunioni carbonare al cardiopalama, tutto si è finalmente risolto. Il resto è storia.