Come ricorderete, l’anno scorso è sorta una nuova disputa legale tra Apple -creatrice del primo App Store mobile di successo della storia- e Amzon e Micorosft, che le contestavano le genericità del marchio prescelto. A loro avviso,”negozio di applicazioni” è un mix di parole troppo comune per poter rientrare sotto la tutela delle leggi sul diritto d’autore, e un giudice federale ha dato loro ragione.
In seguito alle accuse mosse da Cupertino, Sia Microsoft che Amazon hanno risposto con vigore, affermando che il trademark “App Store” fosse un appellativo sufficientemente generico da poter essere utilizzato liberamente; perfino Steve Jobs e Tim Cook, spiegava Amazon al giudice della Corte distrettuale di Oakland, se ne sono avvalsi in diverse occasioni pubbliche per riferirsi ai bazaar software di Google. E con tali premesse, non sorprende la doccia fredda di stamane, riportata da The Next Web.
Secondo Apple, l’app store “inferiore” di Amazon avrebbe creato confusione tra i suoi utenti e soprattutto ne avrebbe danneggiato l’immagine pubblica. È opinione del giudice, tuttavia, che la mela abbia fallito nel dimostrare “la prova reale della confusione indotta” e, venendo meno l’intero impianto accusatorio, ha quindi concluso che non aveva alcuna possibilità di dimostrare fino in fondo la propria tesi.
Per questa ragione, decadono le accuse di pubblicità ingannevole che Apple muoveva ad Amazon. L’iter legale non è ancora concluso, ma è evidente che a questo punto le chances di prevalere sono praticamente ridotte ad un lumicino. Kristin Huguet, portavoce di Cupertino, ha rifiutato di rilasciare commenti sulla vicenda.