La storia è relativamente semplice. Da una parte c’era un piccolo editore statunitense -Byron Preiss, poi acquisito da Black Tower con tutti i suoi asset- che vendeva una collana di oltre 1.000 libri caratterizzata dal brand “iBooks” e presente dal 1999; dall’altra c’è Apple col suo negozio virtuale di libri, sfortunatamente chiamato allo stesso modo. Lo scontro in Tribunale, quindi, è stato inevitabile.
Nella sua sentenza di 71 pagine, tuttavia, il giudice Denise Cote ha stabilito che il brand “iBooks” legittimamente detenuto da Black Tower non possa costituire motivo di confusione tra i clienti; una decisione che fa decadere all’improvviso i presupposti dell’intero impianto accusatorio, e che quindi favorisce indirettamente la mela.
Come sottolineato nelle motivazioni della sentenza, sia Black Tower che il precedente proprietario non sono riusciti a registrare per tempo il trademark conteso; Apple, invece, si era accaparrata i diritti sul marchio “iBook” già nel 1999, in abbinamento alla fortunata linea di portatili colorati. Successivamente, nel 2010, acquistò il brand tout court, ben prima dell’avvento di iBooks e dell’iBookstore.
Nel caso specifico, oltretutto, Apple si avvale di questi nomi per identificare un servizio di vendita di libri su Internet, laddove Black Tower utilizzava il termine limitatamente ad un logo; anche per questo, la causa è stata rigettata. Dopotutto, conclude il giudice, è impossibile confondere i due prodotti anche volendo; c’è troppa distanza tra i due, sia temporale che di sostanza.
E’ battaglia legale per il trademark “iBooks”
Nuove grane legali per Cupertino. E il pomo della discordia, questa volta, sarebbe quel termine “iBooks” utilizzato per l’app e lo store di libri virtuali che Apple propone sui suoi dispositivi iOS: violerebbe il copyright del piccolo editore newyorkese Byron Preiss, i cui diritti sono stati acquisiti negli anni scorsi dall’editore John T. Colby. I titoli in edizione rilegata commercializzati col brand “iBooks” ammonterebbero a più di 1.000, e risalirebbero al lontano 1999.
Il problema potrebbe non avere una risoluzione tanto scontata:
Sebbene Apple possieda da più di dieci anni il trademark sul termine “iBook” per i suoi computer, la società non ha mai usato tale termine per indicare libri elettronici o un’app per consegnare libri elettronici fino ad aprile 2010, affermano a Colby.
Ciò in altre parole significa che l’uso fatto da Cupertino del termine:
Abusa probabilmente della buona fede dei marchi “ibooks” e “ipicturebooks” [di Colby], privandoli virtualmente di tutto il loro valore.
Il caso, noto col nome di J.T. Colby & Co. vs. Apple Inc., è stato depositato alla corte federale di Manhattan proprio oggi, nelle scorse ore. Contattata telefonicamente da Bloomberg, che ha diffuso la notizia per prima, Apple si è trincerata dietro un inviolabile no-comment.