Apple ha rifiutato categoricamente la richiesta del governo del Regno Unito di implementare un sistema di backdoor nei dati crittografati di iCloud, dichiarando: “Non abbiamo mai costruito una porta di servizio o una chiave maestra per nessuno dei nostri prodotti, e non lo faremo mai”. Questa presa di posizione ha innescato una controversia legale che mette al centro la privacy digitale e la sicurezza digitale globale.
Il conflitto è emerso a seguito dell’applicazione dell’Investigatory Powers Act da parte delle autorità britanniche, che richiedevano l’accesso ai dati protetti da crittografia. Per evitare di violare la legge locale, Apple ha deciso di ritirare la funzione “Advanced Data Protection” dal mercato britannico, contestualmente avviando un ricorso presso il Tribunale dei poteri investigativi.
La vicenda ha suscitato una vasta eco internazionale. Organizzazioni per i diritti umani come Privacy International e Liberty hanno denunciato l’uso di ordini segreti come “inaccettabile e sproporzionato”, sottolineando l’impatto globale che tali misure potrebbero avere sulla protezione dei dati. Anche gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione, esaminando se la richiesta britannica violi il CLOUD Act, un accordo bilaterale sul trattamento dei dati transnazionali. Il presidente americano ha persino paragonato l’approccio del Regno Unito alle pratiche di sorveglianza della Cina.
Nel frattempo, le principali testate giornalistiche britanniche hanno presentato una petizione per garantire la trasparenza del procedimento, sostenendo l’importanza di un dibattito pubblico su temi che toccano la sicurezza e i diritti fondamentali dei cittadini. Tuttavia, l’Alta Corte del Regno Unito ha scelto di esaminare il caso a porte chiuse, una decisione che potrebbe stabilire un precedente cruciale per il futuro della crittografia e della protezione dei dati personali a livello globale.