Un interessante articolo del New York Times racconta con dovizia di particolari quanto la guerra dei brevetti stia logorando il mercato e affossando parecchie start-up meritevoli, che non dispongono delle risorse necessarie a fronteggiare cause miliardarie. E soprattutto spiega per quale ragione colossi come Apple e Google siano ossessionati dai brevetti.
Vlingo era una piccola società fondata nel 2006 da Mike Phillips che lavorava ad un software di riconoscimento del linguaggio naturale, e che poi è stata contattata da Nuance con un aut aut:
“Possediamo brevetti che possono impedirvi di lavorare in questo mercato” ha dichiarato Paul Ricci, CEO di Nuance, a Phillips […] Il Sig. Ricci gli aveva proposto un ultimatum: Phillips poteva vendergli la società oppure essere denunciato per violazione di brevetto. Quando Phillips si è rifiutato di vendere la società di Ricci ha dato il via alla prima di sei battaglie legali.
Morale della favola, Vlingo alla vinse; ma le spese legali -3 milioni di dollari in totale- l’avevano messa in ginocchio, tanto da costringerla comunque alla vendita. “Eravamo sul punto di cambiare il mondo, solo che poi siamo rimasti impantanati in questa mota legale,” avrebbe dichiarato più tardi Phillips. In’ultima istanza, il vero vincitore è stato Nuance.
E sulla scia di questo amaro aneddoto, il NYT getta un po’ di luce su un dato davvero preoccupante: per la prima volta nella storia, l’anno scorso Apple e Google hanno speso più in licenze e guerre sui brevetti che in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. L’articolo poi snocciola una serie di dati impressionanti, riassunti molto sinteticamente da 9to5Mac:
- Nel 2006, Apple ottenne un accordo extra giudiziale con Creative sul design dell’iPod originale. Dopo aver commentato con amarezza la cosa (“Creative è stata molto fortunata a riuscire ad ottenere questo brevetto precocemente”), Steve Jobs radunò tutti i dirigenti e pianificò nei dettagli una strategia nettamente diversa per iPhone. Col suo smartphone, Apple ha deciso di “brevettare tutto”, e così si è innescata una catena di eventi che ha portato la società a decuplicare negli ultimi dieci anni la quantità di tecnologie protette da brevetto.
- “Se non possiamo proteggere la nostra proprietà intellettuale, allora non spenderemo milioni per creare prodotti come l’iPhone,” ha affermato un ex dipendente Apple, facendo riferimento a feature iconiche come lo “Slide to Unlock.” Oggi, spiega, “potrebbe sembrare ovvio, ma solo dopo che abbiamo speso milioni per ideare il sistema. Altre società” ha chiosato “non dovrebbero poter rubarcelo senza un adeguato compenso. Ecco perché esiste il sistema dei brevetti.”
- Il brevetto numero 8.086.604 dedicato a Siri ha richiesto ben 10 tentativi per essere finalmente approvato. E oggi, sebbene non c’entri nulla con le tecnologie alla base della guerra tra Nuance e Vlingo, è considerato uno degli avamposti nella protezione degli smartphone Apple.
- L’ufficio brevetti dal canto suo si schermisce come può. “Quando mi inviano una domanda di brevetto, ho in pratica due giorni per effettuare ricerche e scrivere una relazione da 10-20 pagine sul perché ritengo che dovrebbe essere accettata o respinta” ha spiegato Robert Budens, un impiegato ventiduenne che è anche presidente del comitato esaminatori. “Non si può mica pretendere la perfezione ogni volta.”
Cosa dobbiamo aspettarci quindi nei prossimi anni? Difficile da dirlo, ma gli esperti puntano il dito contro la stretta messa in atto da colossi come Apple e Google. Con la mole di brevetti depositati in moltissimi aspetti chiave dei moderni smartphone e tablet, “Apple potrebbe strangolare l’industria degli smartphone” ha spiegato Tim O’Reilly, il noto editore in campo informatico. “Il brevetto rappresenta una forma di monopolio a norma di legge, e dovremmo esercitare cautela ogni volta che vi facciamo ricorso.” Soprattutto se, come ammettono gli stessi impiegati dell’ufficio addetto, vengono valutati con modalità tanto discutibili. Il sistema, insomma, rischia di raggiungere presto il punto di collasso.