È stata lenta a decollare, e ci sta mettendo ere geologiche per diffondersi; la domotica di Apple si distingue dalla concorrenza per almeno due caratteristiche sotto gli occhi di tutti: la complessità e robustezza della piattaforma, e la scarsa disponibilità di accessori.
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In un post autocelebrativo, Google racconta di essere passata dai 1.500 gingilli di gennaio agli attuali 5.000 accessori per le case intelligenti. Una crescita poderosa avvenuta anche su Android TV, Smart TV e ChromeCast, tutti in grado di accettare il comando “Ok Google.”
Ma Google è anche quella dell’eccellente Nest (peccato per i costi annuali che comporta), il sistema di Termostato intelligente + telecamera di videosorveglianza + campanello digitale. Grazie a quest’ultimo, per dire, quando qualcuno suona alla porta il suono viene riprodotto su tutti i dispositivi compatibile Google Home e il flusso del videocitofono inviato su Chromecast; l’apertura della porta avviene da smartphone.
E questo è solo un assaggio. In arrivo ci sono lavatrici, asciugatrici, lavapiatti, purificatori d’aria, condizionatori, forni e molto altro.
Poi, basta fare una capatina sul sito Apple degli accessori compatibili con HomeKit per trovare la desolazione con appena 200 dispositivi, molti dei quali annunciati e ancora non pervenuti.
Un numero che appare ancora più risicato, se contiamo che l’assiste virtuale di Amazon può contare su oltre 12.000 accessori smart home. E la situazione in Italia è perfino più sconfortante, visto che da noi di fatto è impossibile trovare serrature, campanelli, ventilatori, saracinesche del garage e in pratica tutti i prodotti più interessanti.
Ci sono varie ragioni per cui siamo arrivati a questo punto. Un po’ è colpa di Siri e del suo scarso sviluppo rispetto a concorrenti come Google Assistant. Va bene la battuta di spirito, ma vogliamo iniziare ad espandere le possibilità del modesto assistente virtuale di Cupertino? A volte sembra che Apple si sia soffermata più sul contorno che sulla sostanza. E gli effetti si sentono, visto che da più parti Google Asisstant è considerato superiore a Siri.
Ma c’è un’altra ragione di fondo che occorre riportare per completezza d’informazione. Il processo di certificazione HomeKit è lungo, burocratico ed estremamente puntiglioso, e richiede l’acquisto di speciali chip di autenticazione da Apple che contribuiscono ad aumentare i costi di sviluppo e del prodotto finale.
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Apple, in altre parole, si è impegnata molto sul fronte della sicurezza, ed ecco perché il processo di approvazione è rognoso e inviso ai partner. È questa la ragione per cui occorre tenere a casa un’Apple TV solo per poter chiedere a Siri di spegnere una lampada, ed è sempre in nome della sicurezza che Siri su Mac non può accendere quella benedetta lampada. Tutte limitazioni che scoraggiano produttori e utenti e che nascono col preciso scopo di impedire violazioni.
La filosofia easy di Alexa funziona nel breve periodo, ma un giorno potrebbe ritorcersi contro l’intera industria, non appena un ladro troverà il modo di forzare una serratura digitale senza piede di porco né sudore, sfruttando un bug da qualche parte.
Apple inoltre preme molto sulla privacy: con HomeKit i dati personali non escono mai dal vostro ecosistema iOS, mentre Google li conserva fuori dai dispositivi per migliorare la comprensione delle richieste. E anche questo contribuisce ad un’esperienza utente che, agli effetti pratici, risulta di qualità inferiore rispetto alla concorrenza.
Apple deve investire maggiormente su Siri, non c’è altra soluzione, e deve farlo in tempi rapidi perché la forbice si allarga sempre di più. Il recente flop di HomePod è stato spiegato proprio in questi termini: tra le ragioni del mezzo fiasco, ci sarebbe la scarsa utilità dell’assistente vocale. Chi ha orecchie per intendere…