Contrariamente alle aspettative di Cupertino, per il momento iAd Gallery ha ricevuto poche attenzioni da parte degli utenti e ancora meno dagli inserzionisti; ha invece sollevato più d’un sopracciglio tra gli sviluppatori, visto che viola le stesse linee guida pubblicate da Apple e per di più somiglia sinistramente ad un’app bocciata tempo addietro.
A sollevare per primo la questione è Business Insider, secondo cui -in linea puramente teorica- la vetrina virtuale degli spot con la mela non avrebbe semplicemente dovuto essere pubblicata. Il contrasto con le linee guida dello store, recentemente aggiornate, si verifica al punto 8.3:
Le applicazioni che si confondono con prodotti o campagne pubblicitarie Apple saranno rifiutate.
Un modo sottile e gradito per evitare di intasare App Store con brochure virtuali, cataloghi punti e amenità siffatte. Il problema, in questo caso, non ci sarebbe visto che App Store è ufficialmente una dépendance di Cupertino e notoriamente il padrone di casa, a casa sua, si comporta come più gli piace. Ciò che urta maggiormente gli addetti ai lavori, semmai, è il fatto che l’idea di raccogliere gli spot iAd in un’unica app (ribattezzata Ads Tube) era già venuta ad un altro sviluppatore, che però ha ricevuto una sonora bocciatura in ragione della sua “mancanza di funzionalità”. Va da sé che le possibilità in questo caso sono due: o Apple l’ha impallinata perché ci stava già lavorando sopra, o l’ha semplicemente copiata.
D’altro canto, al di là delle conclusioni facili, occorre per lo meno sollevare la questione del copyright. Come sottolinea giustamente Rene Ritchie, a impedire l’approvazione c’erano delle questioni piuttosto plausibili di violazione della proprietà intellettuale, e comunque Apple non produce applicazioni di terze parti. Spesso, com’è avvenuto nel caso di iBooks, le app di sistema possono spingersi ben oltre i dettami di Cupertino e questa ormai è storia. Sì, Apple è Apple e voi no: prima o poi occorrerà farsene una ragione.