Cercando su Google il termine “computer company”, Apple è la prima azienda di spicco ad apparire tra i risultati, prima di Dell, Sun e di tutti gli altri principali attori della scena hardware, e non c’è da stupirsi: la storia più che trentennale di Cupertino, il suo successo ed in una certa misura il suo mito, sono basati sulla ideazione, progettazione, ingegnerizzazione e vendita di personal computer.
Da Apple II ad iMac, quasi ogni prodotto uscito con il marchio della mela ha segnato un punto di riferimento nel proprio mercato di appartenenza, contribuendo, assieme a campagne di marketing particolarmente curate e ad una mission aziendale in gran parte unica, al succitato mito della mela.
Si tratterebbe di un case study abbastanza esemplificativo, paradigma di un modello aziendale piuttosto comune nella storia della Silicon Valley.
Accade tuttavia che, ad un certo punto, la strategia di Apple cambi: nel 2007 viene annunciato il cambio di ragione sociale, che perde la dicitura “computer”: dopo un piccolo shock iniziale, tutti abbiamo intuito la logicità della scelta (iPhone si affacciava al mondo, e iPod già dominava un mercato che sembrava aver ben poco a che fare con i “computer” intesi in senso stretto) ma, forse, non ne abbiamo compreso fino in fondo la portata e le implicazioni.
Il recente progetto avviato da Apple, per la costruzione di una monumentale webfarm da un miliardo di dollari in North Carolina, può essere un importante indizio (l’ultimo di una lunga serie, o forse il primo…) della direzione che il board diretto da Steve Jobs vuole imprimere all’azienda. Dispositivi domestici fissi e portatili, dispositivi mobili, servizi dedicati all’utenza consumer, servizi business, vendita di contenuti multimediali, servizi “cloud”, server, video e audio professionali: scorrere il catalogo attuale di Apple fa venire un piccolo brivido.
Cupertino non appare più tanto il paradigma di una azienda di successo della Silicon Valley, quanto il paradigma (certamente ancora in evoluzione ed in fase di definizione) di tutti i principali modelli aziendali dell’IT.
Dove porti tutto questo non è dato a sapere, almeno al di fuori delle stanze di Infinite Loop: quello che, quantomeno, si può intuire è appunto che la famosa delezione della parola “computer” aveva una portata decisamente più ampia di quanto potessimo immaginare; e, anche, che la parola d’ordine del futuro di Apple sarà “convergenza”, tra prodotti hardware, software, multimediali e servizi.
Il sospetto è quello dell’imminenza della nascita di un nuovo modello: una sorta di multiutility dei servizi privati. Le potenzialità sarebbero enormi, i rischi non facilmente identificabili: si tratterebbe, come detto, di un modello tutto nuovo e finora le poche realtà che hanno tentato la stessa strada lo hanno fatto tramite fusioni di aziende che poco avevano da spartire l’una con l’altra, con un risultato fondamentalmente fallimentare.
Come si suol dire: “Speriamo che tenga…”