Apple -ma anche Google e Microsoft- può allegramente leggersi le nostre mail senza violare alcuna legge. Secondo i Termini e Condizioni di iCloud, infatti, la mela non ha soltanto la facoltà di rigirare alle autorità competenti tutti i propri contenuti personali (ivi comprese mail, password, calendari, contatti, iMessage e tutto il resto), ma può anche accedervi per proteggere i propri interessi o quelli degli altri utenti.
Apple si riserva il diritto di adottare le misure che Apple ritiene siano ragionevolmente necessarie o opportune per applicare e/o verificare la conformità con qualsiasi parte del presente Contratto. Lei prende atto e accetta che Apple potrà, senza responsabilità nei Suoi confronti, accedere, utilizzare, conservare e/o divulgare le Sue informazioni sull’Account e Contenuti alle forze dell’ordine, funzionari del governo e/o terzi, così come Apple ritenga sia ragionevolmente necessario o opportuno, qualora sia richiesto per legge o nel caso in cui noi riteniamo in buona fede che tale accesso, uso, divulgazione o conservazione siano ragionevolmente necessari per: (a) conformarsi a procedimenti od ordini giudiziari; (b) applicare il presente Contratto, inclusa l’investigazione di qualsiasi violazione potenziale dello stesso; (c) individuare, prevenire o gestire in altro modo problemi di sicurezza, tecnici o in materia di frode; o (d) proteggere i diritti, la proprietà o la sicurezza di Apple, i suoi utenti, terze parti o il pubblico, così come richiesto o consentito dalla legge.
Condizioni simili non sono una novità assoluta; esistono da parecchi anni anche nei contratti che accettate con Google, Yahoo e Microsoft, ma sembravano una di quelle clausole legali che le grandi società infilano per proteggersi da ogni eventualità; cose del tipo “il caffè caldo è molto caldo e potrebbe ustionarvi se venisse a contatto con la pelle,” se ricordate la vicenda delle signora che ottenne un risarcimento per una bevanda “veramente troppo calda” del McDonald’s. E invece, Microsoft l’ha messa in pratica sul serio, intrufolandosi nell’account Hotmail di un blogger per scoprire l’origine di una fuga di notizie relativa a Windows 8.
Grazie a queste indagini poco ortodosse ma efficaci, Redmond è risalita alla talpa -Alex Kibkalo- e l’ha pure licenziata in tronco. Poi però è successo il finimondo, e la società ha dovuto promettere pubblicamente di rinunciare a simili escamotage, ma intanto il danno è fatto.
Ecco perché è bene che i lettori lo sappiano: la loro mail è molto meno privata di quanto non avrebbe osato temere.