Il prossimo anno, alle aziende di elettronica statunitensi verrà richiesto per legge di tracciare e rendere pubblico l’eventuale utilizzo di minerali provenienti da paesi martoriati da conflitti militari. In particolare il provvedimento riguarda materiali come oro, tungsteno e tantalio utilizzati dai gruppi armati per finanziare la guerra nell’Africa centrale. Anziché aspettare di essere aggrediti dalle organizzazioni per la tutela dei diritti umani, Apple ed altre aziende coinvolte nel programma Conflict-Free Smelter hanno scelto di evitare imbarazzi e abbandonare l’uso di questi minerali fin da subito, optando per altre fonti. Inutile dire che la decisione tra causando diversi disagi.
Il fabbisogno di minerali è in aumento come non mai prima d’ora. La sola richiesta di rame in Cina sale del 7% ogni anno e le previsioni confermano il trend fino al 2014. Il Congo, paese martoriato dai conflitti interni, già fornisce il 5% dell’intero fabbisogno di stagno e più del 14% di tantalio, elemento abbondantemente utilizzato nella produzione di dispositivi high-tech. Come parti in causa del programma Conflict-Free Smelter, gli importatori di minerali devono dimostrare tramite accertamenti ad opera di terzi che i loro materiali non finanziano i conflitti in Congo.
Ora i minatori di quelle regioni cominciano a fare a gara per assicurarsi nuovi e meno scrupolosi acquirenti che secondo Bloomberg sarebbero già in fila in Asia. Allo stesso tempo, i commercianti stanno premendo affinché passi il Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act che ha lo scopo di tracciare i minerali utilizzati nella manifattura di prodotti fin dalle loro origini (prima che arrivino già confezionati in USA). Se questo ultimo atto, tanto voluto, non dovesse andare in porto potremmo assistere ad un epocale cambiamento nel mondo high-tech con una penalizzazione enorme per il mercato americano a tutto vantaggio di quello asiatico.