L’anno si è chiuso da poco, ed è tempo di bilanci per tutti. Anche per Apple lo è, e spesso a fare bilanci per questa azienda sono gli altri. Uno dei più interessanti è quello pubblicato pochi giorni fa da Katie Hafner sul New York Times. Secondo l’esperta di sociologia e tecnologia, l’anno di Apple è stato speciale non solo per il proliferare di iPod, iPhone e Macbook, ma per la performance sempre più sorprendente dei suoi punti vendita “bandiera”, cioè degli Apple Store.
In effetti, come ricorda l’articolo, il 20% degli introiti di Apple deriva ormai da questi negozi. Dell’esperienza offerta da questi punti vendita abbiamo parlato spesso: la cura dei particolari, i materiali da “museo”, l’addestramento del personale e tutto il resto sembrano quasi essere autografati, piastrella per piastrella, da Steve Jobs.
Ma allora perché altri store altrettanto curati, come quelli di Nokia e Sony, non ottengono lo stesso successo? Qui arriva la parte più interessante della speculazione. Secondo Hafner gli store stanno diventando veri e propri spazi aperti, nei quali l’utente può effettivamente “vivere”. Un esempio evidente di questo approccio è il caso di Isobella Jade…
…Isobella Jade è una cliente di un Apple Store con una storia che ha i tratti della leggenda promozionale. A quanto pare questa ragazza due anni fa aveva problemi economici, vivendo sul divano di un suo amico, mentre cercava di farsi strada nella carriera di modella. Da qui l’idea: scrivere un libro che raccontasse le sue vicissitudini in questo mondo. Non avendo un computer, e non potendoselo permettere, Isobella decise semplicemente di usare uno dei portatili in esposizione all’Apple Store di Soho, recandosi ogni giorno a scrivere le sue 300 pagine. Nessuno le ha mai chiesto di uscire dal negozio, anzi: spesso lo staff decideva di tenere aperto qualche minuto in più per lei e, alla fine della stesura, le è stato chiesto di presentare il suo libro nello store.
In effetti, almeno negli Usa, viene lasciata molta libertà ai clienti nell’uso di Internet e dei prodotti esposti, fatta salva la navigazione in siti erotici. Un altro aspetto importante è il rapporto diretto con gli assistenti dello store, anche in negozi molto grandi. In questo campo vuole fare un passo in più il terzo e nuovo Store di New York, che sperimenterà in modo più avanzato la personalizzazione.
Insomma, di cose da dire sull’esperienza retail di Apple ce ne sono molte, e questo articolo è un buon punto di partenza. Voi, intanto, siete mai stati in un Apple Store come quello di Roma o negli altri presenti nel mondo?