Tornano nuovamente le indiscrezioni sul servizio di cloud streaming musicale che Apple vorrebbe lanciare a breve; una sorta di anti-Pandora con la mela che però non si concretizza mai a causa delle difficoltà incontrate nella stesura degli accordi tra Cupertino e le Major. Questa volta sembrava che mancasse veramente poco e che l’impasse fosse definitivamente superato, ma qualcuno raffredda gli animi.
Solo ieri Bloomberg scriveva che oramai dal punto di vista tecnico è tutto pronto e che le negoziazioni, finalmente, sono andate in porto:
Apple e le etichette della musica hanno intensificato le negoziazioni per dare inizio ad un servizio di radio su Internet supportato dalla pubblicità entro l’inizio dell’anno prossimo […]. Le trattative sono parzialmente incentrate sulle modalità di divisione dei ricavi pubblicitari, e un accordo potrebbe essere raggiunto entro metà novembre, con un debutto ufficiale del servizio nei primi tre mesi del 2013.
Senonché, esattamente come già avvenuto coi rumors dello scorso settembre, poco dopo un anonimo portavoce dell’industria musicale ha gettato acqua sul fuoco. Ecco cosa svela CNet:
Le negoziazioni vanno ancora avanti, per cui i termini potrebbero subire modifiche, anche se le fonti hanno affermato che Apple si sia offerta di pagare delle royalty più basse rispetto a quanto versa Pandora, e questo nonostante iTunes permetterebbe agli utenti di fare molto più di quanto attualmente consenta Pandora. Pandora, il servizio di radio online leader nel suo campo, paga una tariffa di legge imposta dal Congresso, per la quale è tenuta a limitare le modalità con cui gli utenti interagiscono con le canzoni; per esempio, il numero di volte che possono ascoltare il medesimo brano o uno specifico artista.
In cambio di questa enorme flessibilità sulle canzoni, Apple offre una percentuale delle vendite pubblicitarie generate dal servizio. Le fonti di CNET dicono che alcuni dei leader di settore non credono che il taglio messo sul tavolo da Apple sia grande a sufficienza. Altri nell’industria musicale, tuttavia, asseriscono che sia complessivamente un buon affare se Apple contrastasse Pandora.
Insomma, i tavoli sono divisi. Da una parte c’è chi subodora già la slavina di soldi che li sommergerà, e dall’altra c’è chi ostenta diffidenza, e il bello è che entrambe le fazioni hanno probabilmente ragione da vendere. Se infatti è molto probabile che un simile servizio macinerebbe milioni di dollari come bruscolini, d’altro canto abbiamo visto con quanta proattività Cupertino si è impadronita del mercato dei download digitali. Intendiamoci: parte del merito va alla loro capacità di disegnare software e servizi, ma una buona parte va anche ascritta al perenne stato letargico in cui versano i detentori dei diritti. Ed ecco perché la spaccatura nel settore non sorprende affatto.