La UE ha varato il cosiddetto Chips Act, cioè un un piano per finanziare l’industria europea dei chip e ridurre così la dipendenza dai produttori asiatici. Il pacchetto prevede 10 miliardi di investimenti diretti e 35 miliardi a fondi privati, Ricerca & Sviluppo. Ma l’impressione -dicono i più critici- è che ci siano più regole che soldi.
Sul piatto ci sono 50 miliardi di Euro per spingere l’industria high-tech nostra e raddoppiarne il valore di mercato dall’attuale 10% su scala globale al 20% entro il 2030.
Il pacchetto di norme ha un obiettivo dichiarato: affrancare la UE dai giganti asiatici, rendendo il blocco più resiliente a eventuali problemi futuri e carenza di materiali, mettendo in sicurezza la catena di approvvigionamento dei semiconduttori. Dopo anni di delocalizzazioni selvagge e fuga di capitali e impianti produttivi, il Vecchio Continente si è trovato nudo di fronte ai contraccolpi della pandemia da Covid-19. E ora ne paga lo scotto.
Delegare tutto a Paesi terzi non è stata una una buona idea. I semiconduttori costituiscono il futuro prossimo dell’industria e delle nostre intere esistenze; i microchip sono l’equivalente -per importanza storica- del carbone nel 1900 e dell’acciaio del ventesimo secolo. Chi ne controlla la produzione, controlla di fatto le nostre sorti.
Ad oggi, oltre la metà dei microchip prodotti nel mondo e il 95% di quelli più avanzati provengono da Taiwan; la pandemia però ha fiaccato la produzione e rallentato la logistica, col risultato che i prezzi sono schizzati alle stelle. Ecco perché i commissari UE puntano a raddoppiare la produzione endogena in pochi anni con uno schema di sussidi come non si era mai visto nella storia dell’Unione.
“Nel breve termine, il progetto intende rafforzare la nostra resilienza per affrontare future crisi,” ha spiegato la presidentessa della Commissione UE Ursula von der Leyen, “anticipando ed evitando eventuali interruzioni alla catena di approvvigionamento. Nel medio termine invece, vogliamo rendere l’Unione europea un player competitivo nel settore dei semiconduttori, raddoppiando la nostra produzione entro il 2030”.
Le critiche però non sono mancate. Pur lodando l’iniziativa, alcuni osservatori sottolineano che ci sono ancora troppi vincoli che rischiano di ostacolare la buona riuscita del piano. “Impensabile controllare l’intera catena del valore,” ha chiosato Alberto Prina Cerai a HuffPo. “Ma dopo tanti anni è un passo avanti.”