Ecco perché ora gli editori non temono più iPad

La ragione principale dell'avversione degli editori nei confronti del sistema di distribuzione creato da Apple su iPad era l'impossibilità di profilare gli utenti a causa delle policy di tutela della privacy. In realtà, basta chiedere e più di metà degli utenti è felice di fornire tali informazioni.
Ecco perché ora gli editori non temono più iPad
La ragione principale dell'avversione degli editori nei confronti del sistema di distribuzione creato da Apple su iPad era l'impossibilità di profilare gli utenti a causa delle policy di tutela della privacy. In realtà, basta chiedere e più di metà degli utenti è felice di fornire tali informazioni.


Non era tanto la pur rilevante questione della ripartizione dei costi (il famoso 30% che Apple tiene per sé), quanto piuttosto per l‘impossibilità di accedere ai dati degli utenti ora custoditi nei forzieri di Cupertino; questo è quanto impensieriva gli editori sopra ogni altra cosa. Poi a qualcuno è venuto in mente di chiedere i dati e -sorpresa- metà degli utenti iPad glieli ha pure forniti. Morale della favola, gli editori non temono più iPad.

La policy di tutela della privacy voluta da Apple è piuttosto severa e sancisce che gli editori debbano chiedere preventivamente l’autorizzazione ai lettori prima di procedere con la loro profilazione. Si tratta di un approccio delicato e rispettoso dell’utenza, ma che creava anche invalicabili preoccupazioni ai piani alti dei colossi della carta stampata. Gettandosi a capofitto tra le braccia di Apple, insomma, c’era il terrore -infondato, in verità- di perdere il contatto col lettore:

Ciò che era un ostacolo insormontabile, ora non lo è più.

Già, perché a quanto più del 50% dei sottoscrittori di un qualche tipo d’abbonamento decide spontaneamente di fornire le proprie informazioni all’editore, nel momento in cui gli viene chiesto di farlo:

Come era lecito aspettarsi, per ottenere il nome del cliente ed il suo indirizzo mail, tutto ciò che occorre fare è domandare

Certo, il 50% non è ciò il 100% su cui potevano contare fino a prima dell’avvento del digitale, ma è decisamente meglio dello scenario tragico che in molti paventavano; senza contare che con un po’ di intraprendenza e incentivi, nulla vieta che si riesca a salire a percentuali ancora migliori. Insomma, mai come in questo frangente possiamo parlare di semplice -e immotivata- paura del cambiamento.

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