Sono ormai diversi anni che Meta (costole comprese, tra cui Facebook e WhatsApp) attira più critiche che altro. Principalmente si parla di privacy, di dati personali ceduti al miglior offerente e così via. Se però oggi la creatura di Mark Zuckerberg è, nuovamente, al centro di una accesa discussione, è per un motivo diverso ma comunque… sgradevole.
Un ex dipendete di Meta (un data scientist, ad essere precisi) ha svelato che le applicazioni di Facebook possono deliberatamente mandare al tappeto le batterie sia degli iPhone che degli smartphone Android. Questo per studiare le conseguenze sulle prestazioni dell’app sui dispositivi con poca autonomia residua. A pagarne, ovviamente, sono gli utenti.
L’app di Facebook è nemica degli smartphone
Nel report del New York Post si legge che la feature (se così vogliamo definirla…) è stata utilizzata sugli smartphone degli utenti a loro insaputa e senza alcuna autorizzazione.
Facebook può segretamente scaricare le batterie degli smartphone. […] La pratica è nota come “negative testing” e viene applicata da quelle aziende che vogliono studiare le prestazioni delle loro app quando il dispositivo mobile è prossimo a spegnersi.
George Hayward, il 33enne che ha preso posizione contro Meta, ha dichiarato di esser stato licenziato a novembre dello scorso anno proprio per essersi opposto alla pratica sopra indicata.
«Ho segnalato al mio manager che quella pratica avrebbe potuto danneggiare qualcuno, e mi ha risposto dicendo che era necessario per aiutare più persone».
Il data scientist si è opposto perché ritiene che il negative testing sia molto pericoloso. In un momento di assoluta necessità, potrebbe impedire ad una persona di utilizzare il proprio iPhone (o uno smartphone Android) per chiamare i soccorsi, rilevare un incidente o una caduta. Insomma, in gioco c’è la sicurezza del cliente finale.
L’avvocato di Hayward, infine, ritiene che tale pratica sia “chiaramente illegale”. Tu cosa ne pensi?
Immagine di copertina ©9to5mac