Apple ha indicato nuovamente la strada all’intero settore. Osteggiate da chi ha fatto della profilazione utente il proprio core business, le feature di protezione privacy di iOS 14 e iOS 15 hanno alzato l’asticella. Tanto che anche Google si è dovuta adeguare, e ora su Android arrivano le Etichette Privacy come su iPhone e iPad.
Per alcuni (e ci viene in mente il terrorismo psicologico di qualcuno che ventilava addirittura la possibilità di Facebook e Instagram a pagamento, come se la cosa potesse sul serio spaventarci) è il segno dell’apocalisse incipiente. La verità è che il mercato pubblicitario e di rivendita dei dati -diventato selvaggio e sregolato- ora dovrà darsi un contegno più civile. Non finirà il mondo, né il Web diventerà a pagamento come paventano i pessimisti (solitamente prezzolati).
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Google si “ispira” ad Apple
E a riprova di ciò, Google ha deciso (o per meglio dire, è stata costretta a farlo) di introdurre feature di privacy in Android 12 ispirate a quelle Apple. Anzi, in alcuni casi addirittura identiche.
Un esempio di ciò è l‘indicatore del microfono e della fotocamera; quando un’app richiede l’uso di fotocamera o microfono, nell’angolo in alto a destra si attiva un’iconcina verde, in modo molto simile ad iPhone.
Quando un’app chiede l’autorizzazione per accedere ai dati del GPS, ora Android consente di scegliere se fornire la posizione precisa o quella approssimativa. Anche questa già vista su iOS.
Inoltre, vengono introdotte la etichette privacy anche sul Play Store, e funzionalità che nel complesso minimizzano l’acquisizione dei dati dell’utente:
Oltre a queste feature di privacy di iPhone 12, stiamo anche costruendo protezioni della privacy direttamente nell’OS. Ci sono ancora più opportunità di utilizzare l’intelligenza artificiale per creare nuove e utili feature, ma queste feature devono essere abbinati ad una privacy più robusta. Ecco perché con questa release lanciamo Android Private Compute Core. Consente di introdurre nuove tecnologie che nascono con la privacy al loro cuore, consentendo di mantenere le tue informazioni personali al sicuro, private e localmente conservate sul tuo telefono.
Nel dettaglio, gli sviluppatori dovranno indicare chiaramente:
- Quali dati raccolgono e con quali finalità
- Se i dati vengono condivisi con terze parti
- Le pratiche di sicurezza dell’app (come crittografia e rimozione dati sui server)
- L’aderenza o meno alle politiche Google Play’s Families Policy di protezione dei minori.
- Se è attivo il meccanismo di sicurezza MASVS.
Le Etichette Privacy del Play Store sono disponibili da oggi, e diventeranno obbligatorie per gli sviluppatori a partire dal 20 luglio 2022.
Basta Davvero?
Miglioramenti apprezzabili, senza dubbio, ma a nostro modo di vedere nulla di veramente incisivo come Richiesta Tracciamento Attività di Apple che obbliga gli sviluppatori a chiedere l’autorizzazione prima di profilare gli utenti e rivendersi i dati a terze parti.
E poi, pur con tutta la buona volontà, ci risulta difficile credere che Google -nel duplice ruolo di paladino della privacy utente e di chi al contempo ne trae un profitto- possa davvero imporre cambi di rotta tanto repentini come abbiamo visto su iOS.
Poi, per carità. Qualunque miglioramento in questa direzione è da considerarsi oro, e dunque va accolta con soddisfazione. Ma la verità è sotto gli occhi di tutti, e prima di proseguire con la frase successive vorremmo fare un disclaimer: non ci siamo mai schierati aprioristicamente con Apple; quando c’è da lodarla, lo facciamo, e quando c’è da criticarla (e per dirne una, sulle regole arbitrarie di App Store ce ne sarebbe da dire…) non ci tiriamo indietro. Tuttavia, è innegabile che la stretta sulla privacy di cui possiamo godere oggi dipende da due fattori: la spinta UE con la GDPR, e l’intervento diretto di Apple dall’altra.
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