Grane legali a Cupertino per l'indicatore d'immersione di iPhone

Grane legali a Cupertino per l'indicatore d'immersione di iPhone


Dalla Corea spirano venti di grane legali, per Cupertino, con ripercussioni che potrebbero propagarsi anche da noi. Ad una ragazzina di 13 anni è stata infatti rifiutata la riparazione in garanzia del proprio iPhone 3G a causa del deterioramento dell’indicatore di immersione, sintomo secondo Apple di un danneggiamento avvenuto in seguito al contatto con un liquido. Una tesi che, manco a dirlo, i genitori della ragazzina stroncano senza pietà.

Evidentemente, l’escamotage estetico del cambio di nome da “indicatori di immersione nei liquidi” a “indicatori di contatto coi liquidi” non è stato sufficiente. E’ noto da tempo che la pastiglia inserita nella circuiteria dei dispositivi di Cupertino tenderebbe infatti a mutare colore con un po’ troppa solerzia e soprattutto anche in assenza di un reale contatto fisico. Lo sanno bene gli utenti che risiedono a Hong Kong, un luogo in cui nella stagione delle piogge si tocca tranquillamente il 95% di umidità; una condizione che ha fatto decadere anzitempo un gran numero di garanzie, tanto da spingere qualcuno a parlare piuttosto di “sensori di umidità ambientale”.

Intervistato dal Korea Herald, il padre della ragazzina, Lee Chul-ho, ha affermato di essere stato contattato dai legali di Cupertino per un accordo extragiudiale che mettesse a tacere la faccenda. La questione, tuttavia, è di principio:

Sebbene abbiamo fatto causa per farci restituire i costi di riparazione, lo scopo principale dei nostri sforzi è ottenere un miglioramento nella policy dei servizi di Apple, così che la gente in simili frangenti possa riappropriarsi delle spese di riparazione ingiustamente corrisposte. Non c’è alcuna ragione di mettere su una causa intera affinché solo uno possa godere dei suoi frutti.

La prima udienza è fissata per il prossimo 13 gennaio, e rappresenta solo l’ultimo tassello di un mosaico che sembra dimostrare una generale inaffidabilità dei sensori in questione. Risale appena a qualche mese fa, infatti, la class action invocata contro Apple e i suoi controversi LCI (“liquid contact indicators”) con motivazioni analoghe.

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