Greenpeace su Apple: processo alla campagna

Greenpeace su Apple: processo alla campagna

Ok, ora se riusciamo facciamo un esperimento. La campagna lanciata pochi giorni fa da Greenpeace, non contro Apple ma su Apple, ha destato commenti contrastanti tra tutti. Anche tra voi, ho notato. Già in questo senso ha ottenuto quello che per me è un nobile scopo, a prescindere da come la si pensi: far pensare e parlare.

Ora proviamo a riassumere punti di forza e debolezza della campagna con un giochetto. Marcello di Melablog e Giona di Ecoblog, in base ad una traccia comune, potranno fare gli “avvocati” di difesa e accusa alla campagna. Ovviamente si tratta di una forzatura, noi di Melablog non chiudiamo gli occhi, e i ragazzi di Ecoblog, tra l’altro, amano Apple. Ma con una artificiosa separazione netta si può provare a mettere ordine nelle opinioni. Le indispensabili sfumature di grigio nei commenti…

“PRO”: Giona, Ecoblogger
Per onor della cronaca bisogna dire che Greenpeace non sta puntando il dito solo verso la Apple. E’ già da alcuni mesi che Greenpeace ha lanciato la campagna “Hi-Tech: Highly toxic ” che cerca di incidere su tutto il mercato dell’elettronica di consumo. A fine Agosto l’associazione aveva pubblicato una pagella ambientale dei più importanti brand dell’elettronica del mondo. I giudizi si basavano unicamente sui dati forniti dalle aziende stesse e si possono quindi considerare imparziali. Bisogna ammettere che la Apple appariva tra gli ultimi posti.
D’altra parte è innegabile che con queste ultime iniziative – il fake del sito e quello dello spot – sembra che Greenpeace stia concentrando la maggior parte dei propri sforzi soprattutto sul fronte Apple. Questa scelta è sicuramente dovuta al fatto che la Apple possiede un Brand incredibile, in forte crescita, e che può vantare una comunità fedele ed attenta, che qualsiasi altra azienda può solo sognare di avere. Questo però, e lo dico anche come vero appassionato di macintosh, non deve essere visto come una cosa strumentale o negativa: la Apple è universalmente riconosciuta come l’azienda più innovativa e più copiata del mondo, poter cambiare le proprie politiche ambientali pone le basi per una rivoluzione dell’intera industria dell’elettronica. E’ qualcosa di cui si può andare fieri.

Ma cos’è che chiede Greenpeace in concreto? Sostanzialmente le richieste di Greenpeace sono due: l’eliminazione di sostanze ritenute altamente tossiche da tutta la catena di produzione, e l’istituzione di un programma mondiale di ritiro e riciclo dei prodotti non più utilizzati.
Per quanto riguarda il primo punto penso sia difficile contestare le posizioni degli ambientalisti: l’elettronica contiene moltissime sostanze tossiche come mercurio, piombo, polivinil cloruro (PVC), ritardanti di fiamma (BFRs). Contemporaneamente i volumi di vendita di questo mercato sta aumentando in maniera esponenziale, con un ricambio dei nostri giocattoli elettronici sempre più rapido. E’ evidente che qualcosa deve essere cambiato e che questo deve essere fatto anche in fretta. In questo settore, purtroppo, la Apple risulta essere indietro rispetto alle concorrenti: Dell e Hp hanno promesso di eliminare a breve tali sostanze dai propri prodotti, mentre la Nokia aveva eliminato il PVC già dal 2005 e eliminerà i ritardanti di fiamma a partire dal 2007 .
 
L’altra questione, quella del riciclaggio, è strettamente legata alla prima. Se un oggetto contiene sostanze tossiche diventa molto più difficile, pericoloso e costoso poterlo riciclare. Se le aziende fossero responsabili di recuperare i propri prodotti, diventerebbe essenziale progettare oggetti facilmente riciclabili.

C’è inoltre una responsabilità morale: oggi la maggior parte dei prodotti elettronici finiscono nelle discariche dei paesi in via di sviluppo – India e Cina in primis – dove vengono smaltiti senza nessuna precauzione.
Anche su questo fronte, bisogna registrare che la Apple si è fatta superare da molti altri concorrenti: HP e Dell hanno già un programma di recupero su scala mondiale, mentre la Apple recupera i propri prodotti solo negli Stati Uniti.

“CONTRO”: Marcello, Melablogger

Come al solito Greenpeace cerca di farsi un po’ di pubblicità prendendo di mira un soggetto conosciuto e “di moda” come Apple. In passato si fece la stessa cosa con Nike, Coca Cola e altre; non è un caso, infatti, che non siamo qui a parlare della campagna di Greenpeace contro “Bonfiglioli Riduttori” (con tutto il rispetto). Apple è sulla cresta dell’onda, tutto quello che tocca Steve Jobs in questo periodo diventa oro. Tutti cercano di ottenere la propria fetta, ambientalisti compresi.

Per quanto riguarda la campagna in senso stretto, è necessario approfondire. I temi messi in evidenza da Greenpeace sono fondamentalmente 2: l’uso di presunte sostanze nocive nei prodotti e l’inquinamento derivato dai prodotti gettati nella spazzatura perché obsoleti.
Andiamo con ordine.

Prima cosa: chi e come decide cosa è nocivo e cosa non lo è?
Sia in Europa che negli USA esistono degli enti preposti al controllo dei prodotti che devono essere messi in commercio. Se i prodotti superano questi controlli, viene loro applicato il marchio FCC o CE e vengono messi negli scaffali dei negozi. Proprio recentemente, la comunità europea ha varato una normativa più restrittiva in questo senso, alcuni prodotti con mela non la rispettavano, e sono stati immediatamente tolti dal commercio.

E’ evidente quindi come esista una catena di controllo che agisce in maniera totalmente trasparente.
Veniamo al secondo punto: Apple dovrebbe assumersi la responsabilità dello smaltimento dei prodotti obsoleti. Io mi chiedo, ma perché e soprattutto a quale titolo. Se io compro un pollo al supermercato, questo marcisce e decido di buttarlo via. Dovrebbe forse venire un addetto del supermercato a gettare il sacchetto con il pollo nella spazzatura?
E ancora, perché dovrebbe essere Apple ad occuparsi di questo? Se il berillio o il mercurio sono dentro un chip della NVIDIA o della Intel, non dovrebbero essere allora loro ad occuparsi dello smaltimento?

E poi, perché solo Apple? I computer con la mela sono solo il 4% del totale, magari non converrebbe focalizzarsi su produttori con volumi maggiori? O forse attaccare Lenovo non fa altrettanto clamore che attaccare Apple?

Come vedete, dunque, la faccenda è molto più complicata e con molte più sfaccettature di quanto sembri.

Siamo perfettamente d’accordo sulla necessità di correzioni nel nostro stile di vita e nelle dinamiche industriali. Ma è una via che va intrapresa con mezzi istituzionali, leggi e normative chiare, controlli scrupolosi e sanzioni anche pesanti.

Non siamo però d’accordo se si vuole cavalcare la notorietà di un marchio per promuovere una campagna per quanto giusta nei principi, errata nei contenuti di base.
E non è giusto penalizzare solo Cupertino, a causa della sua notorietà.
“Nulla poena sine lege”.

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