Brutte notizie per iAd, il servizio premium di pubblicità mobile creato da Cupertino. A quanto pare, dopo un iniziale entusiasmo, le vendite degli spazi sarebbero calate drasticamente e gli inserzionisti inizierebbero a nicchiare.
Non è un caso che a giusto la settimana scorsa siano stati pubblicati -su commissione di Apple- i risultati di una recente campagna iAd per Campbell’s, secondo cui lo spot con la mela garantisce una migliore riconoscibilità del marchio tra i consumatori rispetto a qualunque altra pubblicità televisiva. Segno che a Cupertino hanno fiutato il capitombolo, e gli inserzionisti si sono dati alla macchia:
Molti sviluppatori con cui ho parlato mi hanno confermato che i “tassi di riempimento” (degli slot pubblicitari, n.d.T.) per iAd sono calati drasticamente in seguito al Capodanno e devono ancora risollverasi. Il tasso di riempimento -la percentuale dell’inventario pubblicitario realmente occupato da uno spot- di due sviluppatori non legati tra loro è crollato dal 18% all’attuale 6%. E in alcuni casi per delle app più recenti, alcuni degli slot pubblicitari non sono stati riempiti, a differenza degli altri network di pubblicità mobile quasi del tutto saturi. Altri riferiscono di situazioni migliori ma, come dice uno sviluppatore, “sono decisamente calate”.
Certo, potrebbe trattarsi di semplici fluttuazioni del mercato e dei budget dedicati al marketing, ma la sensazione di insoddisfazione che trasuda dal Web è piuttosto evidente. E se all’inizio gli inserzionisti (che, ricordiamo, si impegnano con campagne da milioni di dollari) godevano del privilegio di parlare direttamente con Steve Jobs e altre figure chiave in Apple, ora la situazione è fortemente ridimensionata:
In seguito alla vendita delle prime campagne, le relazioni sono state abbandonate nelle braccia dei junior account manager Apple […], cui è demandato il compito di ottenere i rinnovi dalle agenzie e dai marchi per campagne equivalenti o superiori. Ma l’esperimento è finito (gli inserzionisti ora possono saggiare l’efficacia degli spot) e questi venditori junior non hanno accesso ai CEO. […] Un dirigente di una società pubblicitaria mi ha confidato che gli account iAd stanno chiamando molto più spesso e sono diventati all’improvviso parecchio insistenti coi rinnovi.
Insomma, Apple dovrà lavorare ancora parecchio sulla qualità percepita anche da chi, i soldi, ce li mette e non soltanto da chi usufruisce dello spot. Assieme, magari, ad una ritoccatina alla compatibilità cross-platform e alle strutture di prezzi, elementi citati spesso da chi critica il modello di iAd.