Nel campo dei nomi a dominio, con il termine cybersquatting si intende “occupare” una parola particolarmente invitante prima che lo faccia chiunque altro, con l’unico scopo di rivenderla al miglior offerente. Non è certo un fenomeno nuovo e riguarda, per esempio, anche i nomi utente di Twitter. Purtroppo, come è stato messo in luce dal sito Recombu.com, il problema si è esteso anche all’App Store di Apple.
Per un utente è sufficiente registrarsi all’iPhone Developer Program, accedere ad iTunes Connect e registrare “parzialmente” un programma per l’App Store senza dover fornire nemmeno una stringa di codice. Questo significa che riempiendo i campi di un semplice formulario online è possibile riservare per se stessi quel determinato nome, rendendolo inutilizzabile a qualcun altro.
Al momento di registrare una nuova applicazione un numero crescente di sviluppatori si sta imbattendo nell’impossibilità di utilizzare il nome prescelto. Esso risulta infatti “in uso” pur non essendo presente sull’App Store alcuna applicazione chiamata a quel modo.
Secondo le attuali regole dell’App Store questa registrazione “anticipata” dei nomi ha una durata illimitata e non vengono fornite informazioni sull’utente che l’ha compiuta. Ne deriva che non vi è alcun modo per contattare lo “squatter” e non esiste quindi un movente economico che giustifichi tale pratica. Probabilmente essa nasce dal desiderio di certi sviluppatori di mettere da parte un buon nome per quando avranno il tempo o la voglia di creare un’applicazione (cosa che potrebbe non succedere mai).
E’ chiaro che una situazione del genere è dannosa per l’ecosistema dell’App Store. Le soluzioni per limitare i danni sono diverse, ma ciascuna porta con sé controindicazioni. Probabilmente l’idea migliore è favorire chi ha un’applicazione già pronta a sfruttare un determinato nome, usando come metro di giudizio la data in cui viene sottoposta all’attenzione di Apple per la pratica dell’approvazione. Voi quale credete sia il percorso più valido?