Passiamo, in questa terza parte della nostra prova del MacBook, a testare le soluzioni software più comunemente usate (e più richieste) da chi aspira a possedere questo nuovo portatile con la mela. Il nostro test sarà diviso per tecnologie, ovvero applicazioni native per MacIntel (Universal Binary), applicazioni emulate con Rosetta, Windows nativo con BootCamp, virtualizzazione OS con Parallels.
Universal Binaries
Ovviamente l’applicazione principale compilata per Intel è lo stesso sistema operativo Mac OS X Tiger, qui nella versione 10.4.6.
Il boot è piuttosto veloce, il lavoro tra le finestre è fluido e immediato. La scheda grafica supporta CoreImage e sono quindi presenti tutti gli effetti grafici come sui modelli superiori.
Spotlight ha tratto un grosso giovamento più che dal nuovo processore, dal disco SATA 5400 rpm, davvero veloce nell’indicizzazione e nella ricerca.
Le applicazioni principali non presentano particolari differenze rispetto alle controparti PPC. Safari ha un avvio rapido, ma il rendering delle pagine non sembra migliorato rispetto alla pur ottima performance sui processori Motorola/IBM; solo sulle pagine molto complesse si nota un ovvio miglioramento delle prestazioni. Mail sembra invece giovarsi maggiormente della nuova architettura, gestendo velocemente grosse caselle IMAP che mettevano a dura prova il vecchio PPC.
Passiamo ad iLife. Come si può immaginare le applicazioni della suite Apple hanno subito una netta accelerazione grazie al CoreDuo. iPhoto, che sul G4 1,25Ghz faticava a gestire le mie oltre 11.000 fotografie, ora si avvia in un baleno e applica le modifiche alle immagini a velcità almeno quadrupla.
Per non parlare di iMovie HD e iDVD, che codificano il video a velocità spropositate rispetto al passato.
Un esempio. Un filmato di circa 2 ore in DV da riversare su un DVD creato con iDVD. Sull’iBook G4 ha impiegato circa 3,5 ore per completare il progetto registrandolo in una immagine disco. Sul MacBook, in 1 ora, avevo il DVD già masterizzato. Proprio niente male.
Anche iTunes è decisamente più veloce, seppur persiste una certa incertezza nella riproduzione dei filmati, secondo me dovuta più al codice non perfetto che alle caacità del processore Intel che infatti non raggiunge neanche il quarto di carico.
iWeb e iWork sono diventati finalmente sfruttabili senza quei forti rallentamenti che caratterizzavano le versioni PPC. Così come Anteprima che renderizza pdf molto complessi senza battere ciglio.
Promosso a pieni voti, quindi il MacBook nell’uso delle applicazioni native, ma c’è un ma.
La velocità è molto alta, indubbiamente, ma si ha la sensazione che potrebbe esserlo ancora di più. Con l’architettura PPC, Apple ci aveva abituato a software fortemente ottimizzato per supplire alle carenze dei processori. Con Intel questo livello di ottimizzazione sembra ancora lontano. Mi auguro quindi che sia una questione di tempo, e non un segnale di disinteresse in questa direzione. Non vorrei che a Cupertino, ora che la potenza di calcolo è abbondante, smettano di impegnarsi nella dieta del loro codice, che in passato ci ha regalato tante soddisfazioni ed è stata, a mio parere, una delle chiavi del successo di Mac OS X.
Rosetta
Ero molto curioso di come si sarebbero comportate le applicazioni emulate dinamicamente con Rosetta. I risultati sono stati contraddittori.
Office 2004 gira senza particolari problemi, con una velocità paragonabile ad un processore G4 800Mhz; si riescono a gestire anche documenti (Word, PowerPoint ed Excel) piuttosto complicati con una certa fluidità. Anche l’uso di Photoshop Elements 4 procede normalmente potendo applicare effetti e modifiche a velocità notevoli.
Confortato dal comportamento di Elements ero fiducioso delle prestazioni della Creative Suite 2. Ebbene qui son dolori. Siamo al limite dell’usabilità, l’applicazione di un rendering o di effetti di un certo peso in Photoshop è al limite del penoso. Per non parlare della lavorazione di un pdf con Acrobat Professional. Non ci siamo proprio.
E non credo sia colpa di Rosetta, ma di codice mal scritto. A riprova di questo il fatto che anche piccole applicazioni hanno dei rallentamenti mostruosi, mentre altri strumenti complessi scivolano via senza problemi: ad esempio Toast 7 funziona perfettamente, sembrando quasi una applicazione nativa, mentre FileSalvage, una piccola ma potente utility di recupero dati, ci mette quasi 1 minuto per avviarsi (!).
Su Rosetta ho provato anche uno storico gioco, Civilization III, una pietra miliare. Qui non ci sono problemi, il gioco carica in un attimo e scorre fluido, senza intoppi: una prova in più a suffragio della tesi che quando il codice è buono tutto va meglio…
BootCamp
Il primo impatto con BootCamp mi ha quasi fatto commuovere. Ragazzi miei, qui siamo allo stato dell’arte della progettazione di interfacce. Con 5 click (non scherzo, cinque) si crea dinamicamente una partizione FAT (o NTFS) e si avvia l’installazione di Windows, con tanto di boot loader già configurato.
Una volta installato, l’avvio di Windows è possibile tenendo premuto Alt all’avvio del MacBook (o tramite il pannello Disco di Avvio, ora presenta anche in Windows grazie al CD di driver).
Windows è… Windows, non mi metterò certo a trattare dei pregi di questo OS… Il CD Macintosh Driver permette l’installazione di tutte le periferiche principali, Wifi compreso. Rimangono fuori solo la iSight, lo scroll a 2 dita del trackpad e le porte per l’audio digitale. Ma BootCamp è una beta no?
La velocità di Windows è notevole sia al boot che nell’utilizzo. Le principali applicazioni, come Firefox, OpenOffice, Skype, sono velocissime. In pratica, come detto, si sente la mancanza solo della iSight integrata.
La Adobe CS2, nella versione per Windows, si comporta invece perfettamente e, a parte qulche problema per l’attivazione della licenza, mi ha ermesso di operare agevolmente in brevissimo tempo.
Ma veniamo ai giochi, l’aspetto che mi incuriosiva di più. Del chip grafico Intel GMA950 si è sparlato notevolmente e le mie aspettative non erano certo molto alte.
Ho quindi installato Half Life 2 con scarse speranze di poter trarre soddisfazioni.
Ebbene, invece, mi devo ricredere. Ad una risoluzione di 1024×768, si ottiene un gioco fluido ad un frame rate di 18 al secondo. Non male per il bistrattato chip integrato!
Ho poi provato Cross Race Champioship 2005, una simulazione automobilistica piuttosto ben fatta. Anche qui, pur non potendo darvi un framerate preciso, il gioco è fluido e la giocabilità ottima.
Ultimo gioco testato, Ghost Recon 3, forse uno dei più esigenti videogame in fatto di hardware. Qui effettivamente il MacBook è apparso un po’ zoppicante, non permettendo una esperienza videoludica (come dicono i recensori di videogiochi) appagante al 100%. Il gioco va un po’ a scatti, ma mi dicono dal mondo PC che è necessaria una macchina piuttosto ben configurata per avere una buona fluidità.
Parallels
In alternativa a BootCamp, che permette l’esecuzione in maniera nativa di Windows, è possibile creare una macchina virtuale su cui installare qulsiasi sistema operativo grazie a Parallels Desktop. Chi viene dai Mac PowerPC e ha usato VirtualPC, si sentirà a casa. Le opzioni sono molto simili, mentre la velocità è un’altra storia.
Parallels permette l’esecuzione di Windows XP a velocità praticamente nativa, se si imposta il fullscreen si fatica a notare la differenza prestazionale con BootCamp.
L’impostazione è semplice ed intuitiva, e in pochi minuti si è installato il sistema operativo e si è pronti ad usarlo.
Anche qui non tutti i driver sono disponibili, la iSight rimane comunque fuori.
Gli unici nei, a mio modo di vedere, sono l’impossibilità di sfruttare le immagini disco di VirtualPC (per chi viene dai PPC) o la partizione BootCamp.
Non saprei dire quale è la migliore soluzione tra BootCamp e Parallels, tra dual-boot e virtualizzazione. Sono dell’idea che entrambi le vie abbiano i loro vantaggi e svantaggi.
Ritengo che quando sarà possibile sfruttare la partizione BootCamp con Parallels e quindi non ci sarà bisogno di due dischi Windows separati, saremo a cavallo e, a seconda delle esigenze, si sceglierà cosa usare.
Una nota sui costi: BootCamp, seppur beta, è messo a disposizione gratuitamente da Apple,
Parallels Desktop costa 79,99$ (in questo periodo è scontato a 49,99$).
Un apiccola nota di servizio su Windows. Mac OS X legge senza problemi le partizioni FAT e NTFS, ma queste ultime sono in sola lettura. Per contro Windows ha bisogno di software di terze parti (come MacDrive) per leggere le partizioni HFS+.
Linux
Dal momento che BootCamp non è compatibile al 100% con le varie distribuzioni di Linux, le opzioni per installarlo si limitano a Parallels Desktop o all’uso di Lilo o Grub come loader e quindi a Linux come OS primario e Mac OS come secondario (scomodo).
Viste le prestazioni notevoli ottenute con l’accoppiata Parallels-Windows, ho cominciato installando Ubuntu 6.06 (la mia distribuzione preferita, derivata da Debian) su Parallels Desktop.
Anche in questo caso l’impostazione è veloce e semplice, e in poco tempo si ha una macchina virtuale che fa girare il kernel 2.6.
Applicazioni come OpenOffice e Gimp girano a una buona velocità, anche se, se si indugia su processi un po’ impegnativi si nota qualche scossone, ma niente di preoccupante.
L’installazione nativa di Linux è una faccenda un po’ complicata. Non sono certo un geek, ma nemmeno un niubbo totale, ma tant’è che mi ci è voluta una nottata santa per ottenere un risultato decente con Suse 10, districandomi tra EFI, pezzi di kernel, loaders, partizioni e quant’altro. E il risultato finale non è stato troppo soddisfacente, alle prese con diversi problemi di compatibilità e driver.
La mia idea è che i tempi per Linux nativo su MacIntel siano ancora un po’ acerbi, le varie distribuzioni non sono ancora pronte.
L’esperienza con Linux è dunque positiva se si parla di macchine virtuali, meno se si intende procedere in maniera nativa.
Conclusioni
Non posso che esprimere un giudizio positivo sull’esperienza software garantita dal MacBook. I miei dubbi iniziali, convinto del fatto che l’accoppiata Mac-Intel fosse una piattaforma ancora acerba per essere subito produttivi, sono stati quasi completamenti fugati. Le applicazioni native (Universal) sono già parecchie, molte delle quali di orientamento professionale, e Rosetta si comporta piuttosto bene con il resto.
Discorso a parte per la Adobe CS2. Coloro (e sono molti) per i quali la CS2 risulta essere lo strumento di lavoro principale non potranno nemmeno pensare ad una transizione completa verso il MacBook, almeno fino alla uscita della versione universale (prevista non prima del 2007). Questo fatto è, a meno di sorprese in arrivo dal prossimo WWDC, il fattore di inerzia principale per una buona fetta di utenti pro verso il progetto Intel.
C’è sempre l’opzione CS2 per Windows, che permette di essere subito produttivi anche con un MacBook.
La guerra BootCamp – Parallels è destinata a protrarsi nel tempo, con l’avvento di nuovi protagonisti (cfr. VMWare) nell’arena. La scelta è, a mio modo di vedere, più dettata dal gusto personale e dalle esigenze di ognuno. Come detto, per me non c’è un vincitore.
Linux è, come sempre la terza via. La domanda è, per quanto ancora rimarrà l’eterna promessa?
Non perdete la quarta, e ultima puntata della nostra prova del MacBook, presto online.
Parleremo di benchmark e assisteremo ad un confronto a 3 tra MacBook, iBook e un notebook PC di ultima generazione.
Stay tuned!