Diciamolo: iTunes Store è uno degli investimenti Apple sui quali si danno i dati più disparati. Da una parte Apple si ostina a dire che sta diventando uno dei canali di vendita musicale più diffusi in assoluto, dall’altra ricerche come quella che citava dandy parlano di una media di soli 22 brani acquistati su iTunes per iPod.
Ora, a peggiorare l’opinione su quello che, secondo alcuni, sarebbe l’unico caso in grado di dimostrare le potenzialità del download legale su internet, è la recente analisi della Forrester Research. Secondo questa ricerca nell’ultimo anno le vendite sullo store di Apple avrebbero visto una flessione del 60% circa, in controtendenza rispetto al trend positivo degli anni precedenti. Non si tratterebbe di un calo proprio di iTunes, ma di tutti gli store digitali.
Il primo incriminato, secondo The Register, sarebbero i DRM. Secondo Mike Smith, a capo della Columbia, entro 12 mesi la musica sarà completamente libera da sistemi di protezione digitale, recepiti come ostacoli al download legale più che come sistemi di tutela. Assodato il fatto che mi sembra affrettato fare le Cassandre basandosi su dati non ufficiali, aspetterei comunque a dare per morto questo sistema, evitando sentenze molto diffuse sul web, che più che da dati concreti sembrano arrivare da speranze personali…
Le difficoltà che Apple ha evidentemente incontrato nel convincere le case di produzione cinematografica, che non si sentivano sicure in merito alla distribuzione dei film, non lasciano pensare ad un abbandono così vicino.
Ad un sistema di tutela, per quanto rozzo e scomodo (soprattutto a causa dell’uso di tecnologie differenti da store a store), forse nessuno vorrà realmente rinunciare a breve termine, a parte gli utenti. Mi chiedo allora, quale possa essere la politica di “passaggio”, quel gradino tra dei DRM rozzi e la musica completamente sprotetta, che riesca a tutelare sia chi fa soldi con la musica sia chi la ama.
Chi si impegnerà in questa ricerca, senza arroccarsi sulle sue posizioni, probabilmente sbloccherà un mercato che sicuramente ha già svelato il suo potenziale. Qualcosa, ovviamente, dovrà riguardare anche le politiche di prezzo, oltre alla qualità della musica: inutile dirlo, più la musica sarà commerciale più l’utente la percepirà come un prodotto industriale. Cioè da produrre in grande quantità e al prezzo inferiore possibile. Fino al punto da non recepirne il valore, scaricandola gratuitamente dal P2P in quantità, appunto, industriali. Si tratta veramente di un vantaggio per le case discografiche? Non credo, e probabilmente non lo è nemmeno per noi.
Questa, ovviamente, è solo la mia opinione di amante della musica, della tecnologia e di semplice utente. Che vorrebbe maggiore rispetto, da parte di tutti, per quella che dovrebbe anche essere un’arte.
[Grazie a tutti per le segnalazioni!]