Una buona parte degli sforzi e delle risorse delle compagnie più all’avanguardia è diretta alla creazione di software e sistemi sempre più complessi che permettano alle macchine di “imparare” in modo sempre più efficace e che puntano alla creazione di sistemi esperti e, successivamente, di vere e proprie intelligenze artificiali.
Naturalmente anche Apple, considerata una tra le aziende innovatrici più importanti, è impegnata in questo campo – basti pensare a Siri – ma, secondo la comunità degli esperti, trova qualche ostacolo in più rispetto ad altre compagnie come Google o Microsoft.
Il difetto principale, secondo varie opinioni, sta nella segretezza adottata dalla società di Cupertino riguardo il proprio operato. Come sappiamo i programmi di ricerca e sviluppo di Apple sono sempre avvolti nel mistero e questo limita le interazioni con l’ambiente esterno.
Molti degli addetti ai lavori sostengono una posizione ben precisa: per portare avanti il lavoro in ambito di IA è necessario che avvenga uno scambio reciproco in un ambiente prolifico e brulicante di idee. L’assoluta riservatezza potrebbe inoltre fare da deterrente per le menti più brillanti che potrebbero sentirsi limitate o spaventate dalla possibilità di non poter condividere il proprio lavoro.
“Gli individui veramente forti non vogliono inserirsi in un ambiente chiuso dove tutto è segreto. I fattori discriminanti sono: “Con chi lavorerò?” “Continuerò ad essere parte della comunità scientifica?” “Quanta libertà avrò?” dice Yoshua Bengio, pioniere dell’università di Montreal nel campo delle IA.
Questo va ad aggiungere al controverso discorso sull’utilizzo dei dati degli utenti a scopo di ricerca. Il “deep learning” (campo di ricerca legato all’apprendimento automatico) ha bisogno di colossali quantità di dati per cercare dentro di essi schemi e correlazioni mentre Apple si è detta più volte contraria al loro utilizzo.