Dopo la misteriosa vicenda del furto dei 12 milioni di UDID (da cui sia Apple che l’FBI si sono già smarcate), e dopo tante rassicurazioni in questo senso, Cupertino ha ufficialmente introdotto l’Advertising Identifier, un meccanismo che consente ai pubblicitari di profilare l’utente rispettandone la privacy.
Tutto è iniziato con lo scandalo delle app che rubavano i dati, cui ha fatto seguito nell’ordine: una class action, una serie di interrogazioni governative e mitologiche lavate di capo ad opera di Tim Cook in persona. Ecco perché, nel bel mezzo dello sviluppo di iOS 6, Apple ha deciso di correrei ai ripari implementando una quantità di misure atte a scoraggiare gli abusi.
A differenza dell’UDID, l’Advertising Identifier non lega le informazioni personali all’ID, e oltretutto ha il pregio di essere temporaneo:
iOS 6 introduce l’Advertising Identifier, un identificativo del dispositivo non-personale e non-permanente, che i network pubblicitari utilizzeranno per darti più controllo sui sistemi di tracciamento pubblicitario. Se decidi di limitare la profilazione pubblicitaria, i network pubblicitari che si avvalgono di Advertising Identifier non potranno più raccogliere informazioni per inviarti pubblicità mirate. In futuro, a tutti i network pubblicitari verrà richiesto di utilizzare l’Advertising Identifier. Tuttavia, durante l’iniziale periodo di transizione, potresti ancora ricevere spot mirati da altri network.
Il problema della privacy è molto sentito tra gli utenti, soprattutto in virtù della gran quantità di dati personali che oramai i dispositivi mobili contengono. Risale solo a poche settimane fa la multa da 22,5 miliardi di dollari comminata a Google dalla FTC per aver bypassato scientemente le impostazioni sui cookie di Safari. Ora, però, il bug che lo ha permesso è stato stuccato, e con l’Advertising Identifier dovremmo poter stare tutti un po’ più tranquilli.