[blogo-video provider_video_id=”kdkyHEe-lgA” provider=”youtube” title=”iTV Apple TV Concept With iOS 7″ thumb=”” url=”http://www.youtube.com/watch?v=kdkyHEe-lgA”]
In una recente intervista a Re/code, il vice presidente senior dei Software e dei Servizi Internet di Apple Eddy Cue ha praticamente spiegato a Walt Mossberg e Kara Swisher per quale ragione ci stanno mettendo così tanto a creare una Smart TV con Siri, FaceTime e tutto il resto.
La diagnosi è sempre la stessa, e soprattutto è implacabile. L’esperienza TV di oggigiorno -testuali parole- “fa schifo” e ha ancora “una lunga strada da percorrere.” Sembra quasi di risentire le parole di Steve Jobs, quando diceva di odiare la TV e che contribuiva a “creare una nazione di gente stupida.” Senza contare che è pure un “business terribile” perché le TV “non sono versatili e hanno margini da far schifo.”
Curiosità: Jobs odiava la TV e considerava stupido chi la guarda
L’aspetto più interessante della vicenda, tuttavia, è che Cue ha confermato lo sviluppo di iTV o quel che sarà, aggiungendo che la quadratura del cerchio sarà “complicata.”
I problemi non sono complicati. È la loro soluzione che è complicata, perché ci sono parecchie parti coinvolte.
Il problema principale, a suo dire, è la mancanza di standard globali e la gestione dei diritti sui contenuti; tutte cose che si organizzano con maggiore facilità nel mondo dell’industria musicale. E questo spiega per quale ragione Apple sia ancora impelagata nelle trattative con colossi del calibro di ESPN, HBO e Viacom dopo anni che vanno avanti.
A riguardo, Cue si spinge a dire che il partner “migliore di tutti” è il CEO di Comcast Brian Roberts; un nome non casuale, visto che negli USA Apple TV trasmette ESPN e HBO, e molti altri canali seguiranno nei prossimi mesi.
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È da anni che si parla di un possibile debutto di iTV, e i rumors pro o contro l’argomento ormai non si contano più. Di sicuro, è quanto meno inconsueto sentire un manager Apple parlare tanto apertamente di prodotti non ancora lanciati; anche questo, immaginiamo, è un segno dell’era post-Jobs.