Un recente studio pubblicato da Endeavour rivela che oltre metà dei consumatori che hanno acquistato un dispositivo di computing indossabile negli ultimi tempi, hanno pure smesso di usarlo entro i primi 6 mesi dall’acquisto. Ed ecco perché non sorprende che, in questi giorni, su eBay sia in corso una svendita epica di Galaxy Gear usati. Ma andiamo con ordine.
In generale, Endeavour ha riscontrato che gli utenti, esaurito l’entusiasmo iniziale, non sanno proprio che farsene di aggeggi tipo il Galaxy Gear di Samsung; e calcolate che il tasso d’abbandono -ora superiore al 50%- è in rapida risalita, rispetto al 40% rilevato da CSS Insight lo scorso autunno.
Secondo l’analisi, disponibile in PDF su questa pagina, il problema è l’assenza di coinvolgimento continuo, o Sustained Engagement in linguaggio tecnico:
La mancanza di utilizzo a lungo termine tira in ballo qualunque altra società capace di incorporare i dispositivi indossabili e le loro informazioni nei propri prodotti e servizi. Non è sufficiente sincronizzare, collegare o lavorare assieme agli altri dispositivi disponibili sul mercato, oppure legarsi in partenariato con una delle tante startup per progettare un dispositivo perfino migliore. La chiave per un successo di lungo termine in questo spazio altamente competitivo è la pianificazione di una strategia che assicuri il Sustained Engagement.
E d’altro canto, il successo di uno smartwatch si misura non soltanto coi dati di vendita, ma dal “grado in cui questi dispositivi e servizi impattano sulla salute e la felicità degli utenti nel lungo corso.” A tal proposito, è interessante menzionare un articolo del Guardian secondo cui almeno un terzo dei consumatori abbandona i dispositivi indossabili dopo averli provati:
Una rapida ricerca di “Galaxy Gear” su eBay (escludendo i termini “protector” e “seal” che vengono usati per gli accessori) rivela quasi 900 risultati. Uno di questi, scelto a caso, ha un incipit tipico: “Me lo hanno regalato col mio Galaxy Note 3 ma non so che farmene.”
IL quotidiano stila un paragone coi primi lettori MP3, tutti affetti da un terribile tasso di abbandono iniziale nonostante costi proporzionalmente più elevati di quelli attuali:
Agli albori del mercato, i lettori MP3 […] rappresentavano una gran novità perché non erano proni ai problemi di audio a scatti tipi dei lettori CD portatili. Il fatto è che caricarci sopra la musica era un pianto: c’era poco spazio e le connessioni erano molto lente (USB 1.1, a 12 megabit/s; USB 2 non divenne diffusa fino al 2003 circa).
Per cui, molti di questi lettori MP3 iniziali finirono relegati in un cassetto; questo però non impedì loro di diventare un mercato gigantesco.
O più esattamente, finché qualcuno non trovò il modo di creare un prodotto molto capiente, dotato d’una connessione adeguata e soprattutto di un’interfaccia decente. Parliamo ovviamente dell’iPod con la sua ghiera meccanica, che diventa cliccabile con la seconda generazione; e non è un caso che all’inizio fosse commercializzato solo negli USA ed esclusivamente per Mac: al tempo, infatti, solo i Mac avevano di serie la Firewire, 35 volte più veloce della USB 1.1.
Insomma, il discorso è che non si può pretendere di creare una nuova rivoluzione tecnologica senza un progetto di ampissimo respiro dietro. E il fatto che Apple non abbia ancora lanciato iWatch, indica che semplicemente non è ancora pronto per gli standard minimi di qualità che ci aspettiamo tutti. Leggere l’ora e contare i passi non basteranno a rivoluzione la vita degli utenti e ad abituarli ai nuovi gingilli; un bionsensore in grado di salvarti la vita, invece, è tutta un’altra storia.
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