Lo scrive il New York Times in un recente articolo, ma la cosa è sotto gli occhi di tutti: nei processi che la vedono contrapposta a Samsung, Apple sta lasciandosi sfuggire un po’ troppe informazioni confidenziali, tra budget pubblicitari, iCar e misteriosi “Purple Project” portati avanti nelle famose strutture segrete di Cupertino.
Per difendersi dalle accuse scagliate dalla società sudcoreana, e dimostrare quanto spenda nella differenziazione di prodotto, la mela ha dovuto spifferare la gigantesca quantità di denaro che spende la pubblicità; parliamo di 100 milioni di dollari l’anno solo per l’iPhone, e di un totale di 1,1 miliardi di dollari per iPhone ed iPad dal debutto del primo, nel 2007. Curiosamente, nei primi tempi di commercializzazione del telefono, le spese del marketing Apple furono piuttosto contenute: “non c’era necessità di fare altro,” spiega Schiller al giudice Koh, vista la quantità abnorme di copertura mediatica riservata all’iPhone originale.
Sapevamo già che dell’iPad da 7″ si parlava già tempo addietro in quei di Cupertino, e che lo stesso Steve Jobs ne aveva sostenuto la necessità. Lo diceva Eddy Cue in una mail a Forstall datata 24 gennaio 2011:
“Ritengo che ci sia mercato per un 7″ e che dovremmo farne uno. Ne ho parlato a Steve diverse volte dal Giorno del Ringraziamento e sembrava molto recettivo l’ultima volta.”
Le parole di Schiller, invece, svelano l’altezza vertiginosa cui sono soliti volare i pensieri ad Apple:
Il successo dell’iPod ha persuaso Apple che poteva diventare molto più d’una società di computer. Un fiume di proposte su eventuali nuovi prodotti Apple includeva tra l’altro un’autovettura e una fotocamera. (Apple aveva già venduto una fotocamera digitale, la QuickTake, negli anni ’90.
E sappiamo quanto Jobs amasse l’idea di costruire una iCar prima di morire, sebbene poi la storia abbia subìto un altro corso. Ma ancora più interessante, forse, è la deposizione di Forstall relativa al cosiddetto “Progetto Purple” ovvero l’iPhone originale.
Forstall aveva un compito arduo: doveva selezionare la crème de la crème degli ingegneri Apple senza informarli tuttavia dell’obiettivo da raggiungere; e, proprio per ragioni di segretezza, non poteva avvalersi di collaboratori esterni. A quanti convocava nel suo ufficio, diceva:
Stiamo dando inizio ad un nuovo progetto. È talmente segreto che non ti possiamo dire neppure che progetto sia. Non ti posso dire per chi lavorerai. Ti posso dire che se accetterai, rinuncerai alle notti e ai weekend probabilmente per molti anni a venire.
E così, un intero piano del Campus di Cupertino venne messo in sicurezza ed isolato dal resto dell’edificio, controllato con telecamere a circuito chiuso e chiavi magnetiche; fu ribattezzato per l’occasione “Purple Building:”
“Somigliava parecchio ad un dormitorio. La gente stava lì tutto il tempo” ha dichiarato Forstall. Una insegna all’entrata recitava “Fight Club,” poiché il Purple Building mutuava la propria regola principale direttamente dall’omonimo film, ha dichiarato. La prima regola del Fight Club era che non potevi mai parlare del Fight Club.
Già, ma perché raccontare al giudice tutti questi retroscena? Semplice, per mostrare quanto l’ipotesi di plagio nei confronti di Samsung sia lontana dalla realtà. La conclusione è di Forstall:
“Non ho mai detto a nessuno di copiare alcunché da Samsung. Volevamo creare qualcosa di grandioso. […] Per questa ragione, non aveva alcun senso guardare a ciò che avevano fatto loro.”