Mac OS X nasceva quasi esattamente 9 anni fa: il 13 settembre del 2000, infatti, Apple rendeva disponibile la prima beta pubblica del nuovo system.
Il system 10 introduceva nuove API per la scrittura delle applicazioni, riunite in un ambiente di programmazione denominato Cocoa: per assecondare la necessità di un minimo di retro-compatibilità, gli ingegneri di Cupertino approntarono un ulteriore ambiente, Carbon, attraverso il quale poter facilmente convertire applicazioni OS 9.
Carbon ebbe un discreto successo nei primi anni di vita di Mac OS X, per venire poi progressivamente abbandonato dagli sviluppatori: la stessa Apple incentivò l’uso del più moderno Cocoa, e con il passaggio ad Intel praticamente tutti i programmi di terze parti sono stati scritti in questo ambiente.
Paradossalmente rimaneva ancora ancorata al vecchio ambiente proprio la stessa Apple: molte delle applicazioni di sistema, tra cui il Finder, sono rimaste legate a Carbon. Questa natura “carbonizzata” del Finder ha sempre suscitato perplessità da parte degli sviluppatori (nonché l’ilarità di chi operava su piattaforme concorrenti): i limiti, operativi e prestazionali, sono sempre stati evidenti, soprattutto se messo a confronto con i servizi di sistema sviluppati con Cocoa.
Ci sono voluti 9 anni, ma alla fine Apple ha (finalmente) deciso di liberarsi delle vestigia del proprio passato, riscrivendo da zero in Cocoa il Finder di Mac OS X 10.6 Snow Leopard.
Con l’arrivo del nuovo system, che sarà disponibile da domani, se ne andrà dunque un pezzo importante della storia di Apple e dell’informatica: in Mac OS X non rimmarrà quasi nulla, se non servizi minori, scritto con Carbon e sarà dunque finalmente completata quella transizione al sistema operativo del nuovo millennio iniziata nei lontani anni ’90 con l’acquisizione di NeXT.