Aggiornamento de 16 agosto 2013, a cura di Giacomo Martiradonna.
Il discorso che facevano alcuni utenti non era del tutto scevro di ragionevolezza. Visto che nell’ecosistema mobile di Apple non esistono alternative all’App Store, e non esistendo un mercato alternativo o anche solo dell’usato, i prezzi del software su iOS sono artificialmente gonfiati a scapito degli utenti. Insomma il problema, almeno a dire dell’accusa, è l’assenza di scelta e di concorrenza che finisce col recintare gli utenti in un monopolio illegale.
Apple dal canto suo ha subito richiesto che la causa venisse archiviata per due semplici ragioni; prima di tutto non impone il prezzo delle applicazioni, e poi perché trattenere una percentuale sulle transazioni per coprire i costi di distribuzione non viola alcuna legge antitrust. In realtà, il giudice ha sì archiviato il caso come speravano a Cupertino, ma non per le ragioni auspicate. A riguardo, Bloomberg scrive:
I ricorrenti non hanno raccolto prove a sufficienza per dimostrare “in modo inequivocabile di essere stati privati di alternative a costo inferiore, o di aver pagato a prezzo maggiorato le applicazioni approvate da Apple, oppure che il loro iPhone sia stato disabilitato o distrutto,” ha scritto il giudice distrettuale Yvonne
Gonzalez. “Come minimo, i ricorrenti devono portare fatti che mostrino il danno subìto personalmente da ognuno di essi, oppure un danno complessivo scaturito dalla presunta condotta di Apple.”
Gli utenti che hanno tentato la class action promettono ancora battaglia. A loro dire, Apple avrebbe “monopolizzato il mercato della distribuzione software su iPhone,” e per questo annunciano un ricorso. Altro giro, altra corsa.
Monopolio App Store, Apple richiede l’archiviazione del caso
I legali di Cupertino hanno formalmente avanzato richiesta di archiviazione del caso sul presunto monopolio dell’App Store di Apple su iOS. La chiusura e la difesa dell’ecosistema, spiegano, non è una pratica illegale.
Il fatto che su iPhone, iPod ed iPad non esistano Store alternativi a quello con la mela rappresenta un danno per i consumatori e una intollerabile limitazione al loro diritto di scelta. Questo, in buona sostanza, riassume l’impianto accusatorio formulato dalla controporte, e che ora rischia di cadere nel vuoto se le istanze di Apple verranno accettate. Lo racconta Bloomberg:
Gli avvocati che hanno dato inizio alla causa nel 2011 affermano che esista un monopolio de facto: gli utenti iPhone che non desiderano pagare il plus richiesto dagli sviluppatori disponibili sull’App Store sono impossibilitati a rivolgersi ad altri fornitori per gli acquisti. Apple richiede agli sviluppatori il 30% del costo di ogni app venduta, contribuendo all’aumento dei prezzi e rendendo impossibile un mercato delle app di seconda mano.
Apple non impone il prezzo per le applicazioni commerciali, e le commissioni per la distribuzione su una piattaforma nuova e unica non violano alcuna legge antritrust, ha affermato ieri il legale di Apple Dan Wall, durante la prima udienza ad Oakland, in California.
Vedremo di che avviso sarà il giudice. Per il momento, ci limitiamo ad osservare la realtà delle cose, e cioè che siamo già alla terza accusa di monopolio nel giro di pochi anni. Prima c’è stata quella relativa ad iTunes Store, e in tempi recenti quella su iBookStore, i cui effetti più importanti devono ancora scatenarsi. La causa è stata depositata ad Oakland, nel distretto della California del Nord il 29 dicembre 2011.