Le vendite di applicazioni stanno cannibalizzando quelle dei giornali di carta. A dirlo non sono io, ovviamente, ma uno dei primi sostenitori dell’editoria sui tablet, James Murdoch.
Secondo le dichiarazioni raccolte dalla Reuters, James Murdoch sarebbe convinto di un ruolo sempre più importante della vendita delle applicazioni rispetto al crollo delle vendite dei giornali di carta: “Il problema è nelle applicazioni, perché cannibalizzano direttamente i prodotti stampati, ancor più del web. Le persone interagiscono con le applicazioni in un modo più simile all’interazione con il prodotto tradizionale”.
Questo ovviamente non significa che James Murdoch odi le applicazioni, anzi: la News Corp sta investendo pesantemente in applicazioni per iPad, considerandole una delle soluzioni migliori per far pagare le notizie. Il Times, il Sunday Times e il News of the World sono stati messi a pagamento, perdendo il 90% dei lettori on-line ma guadagnando, in compenso, 105.000 lettori paganti. Molti di questi lettori passano proprio dalle applicazioni per iPad.
Oltre che dai dati, l’investimento della News Corp viene sostenuto anche dalle convinzioni del padre di James Murdoch, Rupert Murdoch, che da sempre ha considerato l’iPad come la carta vincente per l’editoria digitale.
Le considerazioni di James Murdoch sono interessanti e non scontate. Pochi giorni fa, parlando dei dati di vendita di Wired, si diceva il contrario: sembrava che le vendite digitali non cannibalizzassero quelle cartacee. Questo aspetto sarà un fattore chiave nella definizione delle strategie future dei giornali su iPad. Proprio oggi Luca Sofri scrive un’interessante riflessione su Wittgenstein, che riguarda il pubblico dei giornali trasformati in applicazioni per iPad. Secondo la sua analisi, iPad si venderebbe molto bene tra fasce di età piuttosto alte. Questi utenti non sarebbero affatto nuovi lettori dei quotidiani, ma lettori del cartaceo che passano semplicemente al digitale. Da qui, aggiungo io, è scontato ipotizzare una cannibalizzazione tra App e carta.
In futuro, se vorranno mantenere un parallelismo tra la crescita dei giornali digitali e la diffusione dei tablet, gli editori dovranno rivolgersi a un pubblico più ampio del piccolo pubblico dei lettori cartacei. Quel pubblico tanto ridotto da spingere Steve Jobs a dire, qualche anno fa, che la lettura fosse un mercato tanto ridotto da non giustificare un investimento di Apple. Insomma siamo punto e a capo: se prima leggevano in pochi, non basterà “sbattere” il giornale sul digitale per risolvere i problemi. Quindi come fare? Probabilmente coinvolgendo anche i più giovani, con strumenti più multimediali, ricchi e sociali. Ancora una volta ci ritroviamo a dire la stessa cosa: per capire davvero il futuro dei magazine per iPad dovremo iniziare a vedere dei veri magazine in grado di sfruttare le caratteristiche di questo tablet (e di qualunque altro tablet emergerà nei prossimi mesi sul mercato).
Giornali più simili alle applicazioni, proprio come piacerebbe a Murdoch. Più che un approccio tecnologico, forse, questo è un approccio intellettuale.