Photo | Michael K. Knop
La situazione sta diventando fuori controllo. Negli ultimi anni, a New York, si è verificata un’impennata di crimini relativi ai dispositivi mobili, con un occhio di riguardo -se così possiamo dire- verso quelli con la mela sopra. Ne parlavamo sul finire dell’anno scorso: per quantità e frequenza, i furti di iPhone e iPad costituiscono una categoria a sé. E visto che parliamo di un +40%, il Procuratore generale di New York Eric Schneiderman è tornato all’attacco sul cosiddetto kill-switch.
L’idea è vecchia ma sempre attuale. Visto che il database nazionale dei telefoni rubati si è rivelato un autentico flop (tanto, quegli smartphone finiscono per lo più sui mercati esteri), si vorrebbe infilare in ogni iPhone una sorta di “interruttore remoto” che consenta di disattivarlo definitivamente dopo un furto. Ci aveva già provato qualche giorno fa il procuratore distrettuale di San Francisco Georce Gascón, che tuttavia ha registrato una “fredda accoglienza” da parte di Apple. E così, le cose non cambiano:
Nella sua lettere alle società, Schneiderman ha citato l’omicidio avvenuto ad aprile 2012 di un ragazzo di 26 anni al Museo di Arte Moderna di Manhattan che è stato ucciso a causa del suo iPhone mentre tornava a casa, e l’incidente di quest’anno in cui tre persone sono state pugnalate nella Metro di New York sempre a causa di un iPhone.
Schneiderman non ha nascosto di sentirsi “particolarmente preoccupato” se si scoprisse poi che le società che hanno nicchiato sulla sicurezza e l’incolumità degli utenti poi beneficiassero di maggiori vendite per la sostituzione dei dispositivi.
Il timore, neppure tanto velato oramai, è infatti che i produttori trovino un’inconfessabile convenienza nel lasciare tutto com’è; in fondo, ogni singolo furto si tramuta quasi sempre in un nuovo acquisto. Anche se oggettivamente, si tratta d’una giro d’affari veramente minuscolo rispetto all’interezza del mercato.
C’è da dire che Apple ha già messo su il servizio di Trova il mio iPhone, ma se uno non riesce a individuare il proprio smartphone ha come unica opzione la reinizializzazione dei dati. In altre parole, non esistono strumenti che ne impediscano l’uso a terzi, e questo in qualche modo contribuisce al fenomeno criminoso.