Aggiornamento del 18 luglio 2013, di Giacomo Martiradonna.
In seguito al clamore e al danno d’immagine causato dal cosiddetto Datagate, Apple, Google, Microsoft, Facebook e altre 59 realtà tra società high-tech, investitori, enti no-profit e associazioni di settore si sono uniti per richiedere alla National Security Agency regole più rigide e maggiore trasparenza. Così da poter fornire ai propri clienti regolari -e dettagliati- resoconti sull’attività di monitoraggio delle comunicazioni via Web e telefono.
A riguardo, AllThingsD scrive:
“Le informazioni di base con cui il governo mette in atto le sue prerogative d’investigazione sono disponibili da anni e senza che questo abbia apparentemente comportato alcun disordine nelle investigazioni criminali” recita la missiva. “Vorremmo che le stesse informazioni fossero rese disponibili anche riguardo le autorità nazionali del governo che si occupano di sicurezza.”
La richiesta sarà formalmente presentata al presidente Barack Obama e ai leader del Congresso nelle prossime ore, e si concentrerà su pochi punti cardine:
- Il numero delle richieste che il governo avanza per ottenere informazioni circa i loro utenti.
- Il numero degli individui, degli account o dei dispositivi oggetto di indagine.
- Il numero delle richieste che riguardano contenuti delle comunicazioni, informazioni base su un abbonato e/o altre informazioni.
Una vicenda spinosa che non poteva essere risolta diversamente, soprattutto alla luce dello scandalo PRISM emerso a giugno, il programma top secret di spionaggio che ha costretto Apple -e altre società- a prendere una posizione ufficiale.
L’accusa, infatti, era grave: Cupertino avrebbe fornito accesso diretto ai dati della propria utenza al governo degli Stati Uniti senza neppure avvisare i diretti interessati. Ecco perché, in seguito, ha dovuto chiarire la propria politica con il “Commitment to Customer Privacy,” negando la partecipazione a PRSIM e ribadendo di fornire -previa richiesta del giudice- solo il “numero più ristretto possibile di informazioni alle autorità.” Ma qualcosa ci dice che la storia non finisce qui.
Apple e PRISM: circa 5.000 le richieste delle autorità USA negli ultimi 6 mesi
Dopo essere stata suo malgrado coinvolta nelle rivelazioni sul programma PRISM fatte dalla tappa Edward Snowden noi giorni scorsi, anche per Apple è arrivato il momento di rispondere alle domande di chiarificazione sul suo rapporto con la NSA, fatte a centinaia dai fan della società di Cupertino nelle ultime ore.
Secondo un nuovo report pubblicato sul sito Apple, intitolato Apple’s Commitment to Customer Privacy (L’impegno di Apple per la privacy del cliente), la società guidata da Tim Cook avrebbe ricevuto nei 6 mesi che vanno dal 1 dicembre 2012 al 31 maggio 2013 tra le 4.000 e le 5.000 richieste da parte delle autorità americane, senza andare oltre nel dettaglio del numero esatto.
I dati forniti oggi da Apple non riguarderebbero comunque le sole richieste legate a PRISM e al FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act), ma anche altri tipi di dati necessari per esempio per trovare persone di cui è stata denunciata la scomparsa o per raccogliere prove di eventuali crimini. Col benestare delle autorità, alle quali Apple ha chiesto il permesso di riportare i dati diffusi col comunicato, veniamo così a sapere anche che le circa 5.000 richieste hanno riguardato tra i 9.000 e i 10.000 account e/o dispositivi.
All’interno della pagina, anche una risposta alla tesi secondo la quale la NSA avrebbe accesso diretto ai server di Apple (e delle altre società tecnologiche):
“Non diamo accesso diretto ai nostri server a nessun’agenzia governativa, e ogni agenzia che richieda i dati di un cliente deve ottenere un’ingiunzione dal tribunale.”
Nello specifico, Apple ha anche rimarcato l’impossibilità di fornire alcuni tipi di dato, semplicemente perché non mantenuta per scelta aziendale all’interno dei propri server:
“Una delle priorità di Apple è proteggere i dati personali dei suoi clienti. Non raccogliamo o conserviamo montagne di dati personali sui nostri clienti, in primo luogo. Ci sono alcune categorie d’informazioni che non possiamo fornire alle autorità o a ogni altro gruppo perché abbiamo scelto di non conservarle.
Per esempio, le conversazioni effettuate tramite iMessage e FaceTime sono protette da criptaggio punto-punto, quindi nessuno oltre sorgente e destinatario può vederle o leggerle. Apple non può decriptare questo dato. Similmente, non conserviamo dati riguardanti la geolocalizzazione degli utenti, ricerche su Mappe e richieste a Siri in nessun modo che possa identificare un utente.”
Via | Reuters.com