Alla domanda “qual è la vera forza di Apple” molti risponderebbero probabilmente il Mac, l’iPhone, l’iPad, la creatività, lo spirito d’iniziativa o l’innovazione. Secondo la società di consulenza e marketing Asymco, ciò che consente ad Apple di essere Apple in un mercato tanto competitivo è quel gigantesco fondo di liquidità da 68,5 miliardi di dollari. Quello sì, irraggiungibile per i competitor.
Il calcolo è aggiornatissimo e contempla tutti i dati presentati da Apple per il secondo trimestre fiscale 2011, compreso quell’incremento di 6,1 miliardi di dollari nei suoi forzieri, una notevole quantità di denaro fresco che resta tale anche dopo avervi sottratto i 900 milioni di dollari necessari per gli anticipi ai fornitori e per il Capex. E per avere una prospettiva della grandezza assoluta di questi numeri, Asymco ha elencato una lista di incredibili deduzioni:
- Se Apple smettesse domani di guadagnare, potrebbe mandare avanti le proprie attività senza alcun ridimensionamento per più di sette anni, almeno fino a metà 2018
- La liquidità di Apple rappresenta circa metà del valore totale d’impresa di Google
- Le riserve di liquidi di Cupertino costituiscono un valore più grande della capitalizzazione azionaria di Nokia, RIM and Motorola Mobility messi assieme
- La crescita del cash in un singolo trimestre fiscale di Apple è maggiore della capitalizzazione azionaria di molte altre società, e se riaggiungessimo al computo i 900 milioni di dollari sborsati per anticipi e Capex otterremmo grossomodo quella di Motorola Mobility
- Apple ha liquidità sufficiente per fare del suo CFO uno dei primi 100 fund manager al mondo e il primo hedge fund manager in assoluto
Si tratta dunque d’una serie di invidiabili primati che consentono ad Apple di arrischiarsi nella ricerca e nello sviluppo di prodotti azzardati e servizi innovativi, senza la preoccupazione che questo possa compromettere la sua stabilità: è in buona sostanza un’assicurazione sull’innovazione per gli anni a venire. Un’impostazione ben lontana da quella di alcuni imprenditori nostrani che ,per uno centesimo di dividendo, non esitano a indebitare i colossi che gestiscono, magari giusto prima di una faraonica buona uscita.