Come annunciato, alla fine il reportage esclusivo della ABC è andato in onda nella puntata di ieri notte di Nightline, con dettagli piuttosto interessanti. Si scopre ad esempio che i lavoratori Foxconn sono costretti a pagarsi da sé i pasti e che il guadagno medio è di 1,78$ l’ora; ma ciò che colpisce più di tutto, probabilmente, è che in buona sostanza iPhone e iPad praticamente vengono assemblati a mano.
Contrariamente a quanto sostengono alcuni osservatori e diversi stessi lettori di Melablog, Apple sembra possedere un certo peso nella qualità delle condizioni di lavoro degli operai; un manager Foxconn, Louis Woo, ha infatti confessato che “sarebbe contento in realtà” se Apple chiedesse loro di raddoppiare la paga dei dipendenti; come dire, è troppo semplice scaricare tutte le responsabilità su chi offre un servizio a prezzi impossibili da replicare. In ogni caso, The Verge ha stilato una lista piuttosto corposa con gli elementi più interessanti emersi nell’inchiesta. E le considerazione che ne possiamo trarre sono scioccanti:
- Ci vogliono 141 passaggi per assemblare un iPhone: in pratica è fatto a mano.
- Ci vogliono 5 giorni e 325 passaggi di mano per creare un solo iPad.
- Foxconn produce 300 mila moduli fotocamera per iPad al giorno.
- I lavoratori Foxconn si pagano il pasto in mensa: circa 0,70$ per consumazione.
- I lavoratori che vivono nei dormitori dormono in 6-8 persone per ogni stanza e pagano per questo 17,50$ al mese.
- La paga media è di 1,78$ l’ora.
- I nuovi impiegati sono costretti ad effettuare 3 giorni di formazione e di esercizi per la “costruzione del team” prima di iniziare le proprie mansioni.
- Apple ha pagato 250.000$ per entrare nella FLA, e paga per ogni verifica.
- Interrogato sulla possibilità di raddoppiare la paga agli impiegati, Louis Woo ha dichiarato “perché no?”
Una brutta doccia fredda, si direbbe, sebbene l’impegno di Cupertino risulti innegabile. Ma la questione qui non si riduce semplicemente a delle pressioni su Apple perché rimpolpino le buste paga (cosa che comunque sarebbe tranquillamente alla loro portata). Parliamo del valore dell’esempio, ovvero della possibilità che la reazione scatenata nell’opinione pubblica porti prima Apple e poi tutti gli altri competitor sulla via della sostenibilità -umana e ambientale-. Dopotutto è impensabile esportare qui il modello produttivo cinese; forse, e chissà che non giovi persino alla nostra stagnante economia, avrebbe più senso tentare di esportare in Cina un po’ di quei diritti fondamentali che riteniamo imprescindibili.