Col lancio dell’ultima versione del suo Appstore per Android, Amazon ha introdotto nel mondo mobile un’interessante possibilità che, almeno fino ad oggi, era prerogativa dell’ambiente desktop. Si chiama Test Drive, consente di provare al volo le app prima di acquistarle, ed è esattamente quel che manca all’App Store di Cupertino.
La release 2.6.53 dell’Amazon Appstore per Android, disponibile da poche ore, permette di caricare via Cloud i titoli che ci interessano così da provarli prima di sfoderare la carta di credito:
I clienti fanno clic sul pulsante “Test Drive” nella pagina del prodotto nello store e, in pochi secondi, possono usare il touch screen e l’accelerometro del loro telefono per utilizzare l’app, simulandone il funzionamento sul loro telefono. Test Drive fornisce ai clienti l’esperienza della prima volta d’una applicazione, come se fosse appena installata. Poi, i clienti possono acquistare o scaricare l’app in qualunque momento dell’esperienza Test Drive.
Per il momento, la beta è aperta esclusivamente “su modelli di telefono selezionati” ma in futuro si estenderà all’intero parco macchine in circolazione. L’idea è buona e saggia: Apple, probabilmente, dovrebbe trarne qualche spunto per il futuro. Sugli App Store con la mela, infatti, si è assistito ad una proliferazione incontrollata di versioni “Lite” che spesso hanno un alter ego “Full” a prezzo pieno, senza contare la terza via, ovvero quella delle app aggiornabili o sbloccabili con In-App Purchase. Il problema è che questo approccio ha finito col creare un’inutile ridondanza e soprattutto una fastidiosa inconsistenza (doppia descrizione, doppie recensioni etc.), anche a causa dei limiti dell’App Store stesso. Chi scrive, per dire, ha sempre evitato come la peste i titoli che fornivano livelli o funzioni aggiuntive a pagamento, ma forse è una questione di gusti.
Non sarebbe meglio una tecnologia à la Android, in grado di coniugare la tutela degli autori con la volontà dell’utenza di testare prima il prodotto? Probabilmente sì, ma la tendenza oramai è segnata e pare che al pubblico vada bene così: il 68% dei soldi spesi dai videogiocatori mobili finisce infatti in prodotti “consumable” ovvero deperibili, utilizzabili una volta soltanto; cose come un fertilizzante per il campo da arare, un set di armi per passare il quadro, o una ricarica alle funzioni vitali. L’accoppiata intrattenimento-carta di credito, a quanto pare, sta dando i suoi frutti.