Non è stato certamente memorabile come alcuni interventi del suo predecessore, ma anche la chiacchierata con Tim Cook alla Conferenza D10 di ieri resterà nella storia dell’informatica. In una lunga intervista con Mossberg e Swisher, il CEO di Apple ha parlato di Steve Jobs, dell’Apple TV, del made in USA nonché dell’immancabile guerra dei brevetti, definita senza mezzi termini “una gran rottura di scatole.”
Il confronto con lo storico iCEO è inevitabile; Cook ha una personalità moderata, pacata, nettamente in contrasto col fuoco e le fiamme di Jobs. Di lui dice che era in grado di cambiare idea svariate volte al giorno:
Cook: Era capace di rigirare la frittata in modo tanto veloce da farti dimenticare che solo un anno prima la pensava in modo diametralmente opposto.
Kara: Lo ha fatto tante volte sul palco.
Cook: ERA UN’ARTE! Lo faceva spesso e lo vedevo ogni giorno. Era un dono, perché ci vuole coraggio per cambiare. Magari avevo torto prima, magari non ho mai avuto ragione. Ci vuole coraggio per farlo.
Invece sulla fuga di notizie che sta caratterizzando il Web Apple-centrico negli ultimi mesi, compresa la questione cinese, è in arrivo una stretta:
Presto raddoppieremo la segretezza sui prodotti, sono serio. Tuttavia, ci saranno altri frangenti in cui diventeremo la società più trasparente al mondo. Come nel cambiamento sociale. Nella responsabilità del fornitore. Le cose che facciamo per l’ambiente. Pensiamo che la trasparenza sia importante in queste aree, e se lo siamo noi, altri seguiranno.
Riguardo la possibilità di trasferire almeno parte della produzione negli USA, è sempre il solito discorso. I paesi occidentali devono competere sull’eccellenza e sulla tecnologia, poiché non hanno speranze sul versante della bruta forza lavoro:
Vorrei che ce ne fossero negli USA. Forse ciò non è noto, ma il motore per l’iPhone e l’iPad è costruito negli USA, non soltanto per gli USA ma per tutto il mondo. Il vetro del tuo iPhone è fabbricato in un impianto nel Kentucky, non solo per gli USA ma anche per altri mercati al di fuori degli USA. […] La gente si focalizza sull’assemblaggio finale, […], ma dimentica tutte le parti sottostanti che aggiungono un valore significativo. Quindi, si potrebbe spostare l’assemblaggio negli USA? Vorrei, un giorno. L’industria e le grandi filiere negli USA hanno iniziato il loro declino negli anni ’60 e ’70. Quanti produttori di utensili e matrici conosci? Non ci riempiremmo una stanza. In Cina avresti bisogno di diverse città.
Ciò che innervosisce di più Cook, però, è probabilmente la guerra ai brevetti causata da quelle società -la stoccatina qui è a Google e Motorola- che tentano di estorcere a termini di legge le royalties sui cosiddetti “brevetti essenziali agli standard:”
Kara: Parliamo della guerra dei brevetti. È un problema per l’innovazione?
Cook: È una gran rottura di scatole [più volgare, nell’originale]. Dici che è un problema per l’innovazione? Dal nostro punto di vista è importante che Apple non sia lo sviluppatore del mondo intero. Non vogliamo mettere tutti noi stessi in un quadro e poi vedere che qualcun altro lo firma al postro nostro. Vogliamo solo che la gente inventi la propria roba e non che ce la copi in continuazione.
Walt: Altre persone dicono che siete voi a copiare. E vi fanno anche causa.
Cook: Si tratta per lo più di brevetti sugli standard essenziali, e gli standard essenziali devono essere dati in licenza in modo responsabile. Prendi il brevetto sui network 3G: non c’è modo di connettersi ad un network 3G senza l’uso di quel brevetto. Il problema è economico. Nessuno dovrebbe poter ricevere un’ingiunzione per l’uso di quel brevetto. Il proprietario ha la responsabilità di fornirlo in licenza a prezzi equi e con condizioni ragionevoli. E invece, un giorno arrivano e ti chiedono una quantità oscena di denaro.
Il problema di questa industria, in altre parole, è molto semplice: “se tutti dovessero pagare il valore percepito dal proprietario di ogni suo brevetto, nessuno potrebbe stare nel business della telefonia. Hanno prezzo fuori mercato, è diventata una follia.” Il fatto è che quando Cupertino entra in business, lo fa coi fuochi d’artificio e solo se può fornire un contributo significativo, ed è per questo che sta spingendo per ottenere condizioni eque e non discriminatorie sulle tecnologie fondamentali alla base della vita informatica di oggi.
Eppure, ci si chiede -anzi glielo ha chiesto Mossberg-, come inquadrare “l’hobby Apple TV” in quest’ottica? La risposta è semplice. L’anno scorso sono state commercializzati 2,8 milioni di set top box con la mela, mentre oggi -a distanza di appena 6 mesi dall’inizio del 2012- siamo già a 2,7 milioni. Il che significa che l’hobby sta oramai diventando un business consolidato.
Infine, un minimalista accenno all’argomento più discusso degli ultimi tempi, vale a dire la iTV o iPanel. Alla domanda netta (“Costruirete una televisione?”) la risposta è altrettanto schietta (“Hai ragione, non risponderò a questa domanda”), ma poco prima Cook aveva dichiarato:
L’intera esperienza TV è un’area molto interessante. Dovremo valutare il da farsi. Per il momento, il nostro contributo è Apple TV.
Per il momento, appunto. Domani si vedrà.