Aggiornamento del 17 marzo 2016 – A cura di Rosario.
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Era passato quasi un mese dalla richiesta di Donald Trump di boicottare Apple, per cui non ci aspettavamo più una risposta ufficiale da parte dell’azienda americana. Intervistato da Time Magazine, Tim Cook è tornato a sorpresa sull’argomento, affrontando le accuse del candidato alle primarie repubblicane nell’ambito dell’ormai famoso braccio di ferro di Apple con FBI:
“Non ho parlato con lui quindi non so cosa pensi. Il modo in cui io la vedo è che Apple è una grande società americana, la cui nascita sarebbe potuta avvenire solo qui. Riteniamo sia una nostra responsabilità prendere posizione contro un qualcosa del genere e dare voce a tutte le persone che pensano ciò che noi pensiamo, ma non hanno la voce per esprimerlo.”
Dagli attacchi di Trump di metà febbraio, come dicevamo Apple non aveva finora offerto reazioni ufficiali, anche se la CNN aveva attribuito a un dirigente alcune parole secondo le quali l’azienda di Cupertino era in buona compagnia tra i nemici dell’imprenditore datosi alla politica. Nel corso della sua campagna, Trump ha infatti attaccato anche altre aziende Amazon e Facebook.
Via | Mashable.com
Crittografia iPhone, Google si schiera con Apple e Donald Trump minaccia
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Post originale del 18 febbraio 2016 – A cura di Giacomo Martiradonna.
Dopo i tragici eventi di San Bernardino, l’FBI ha chiesto ad Apple di aprire iPhone agli inquirenti. Apple, fiutando i rischi per gli utenti, si è rifiutata; e se da una parte incassa la solidarietà di Google, dall’altra le piovono addosso gli anatemi di Donald Trump.
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In seguito alla lettera aperta di Tim Cook sulle incalcolabili insidie insiste nel forzare la sicurezza di iPhone, molte voci si sono alzate in favore di Cupertino, come quella di Edward Snowden (“L’FBI sta creando un mondo in cui i cittadini devono affidarsi ad Apple per difendere i propri diritti, invece del contrario”). E anche il CEO di Google Sundar Pichai è sulla stessa lunghezza d’onda.
La società di Mountain View comprende le difficoltà delle forze dell’ordine, e per questo fornisce tutto il supporto che può quando giungono richieste legittime a norma di legge; ma “è tutta un’altra storia” quando si chiede di “consentire l’hacking dei dispositivi e dei dati del cliente” e potrebbe rappresentare un “preoccupante precedente.”
Di tutt’altro avviso Donald Trump, candidato repubblicano alle presidenziali USA del 2016; a suo modo di vedere, sembra di capire, Apple soffrirebbe di una sorta di delirio d’onnipotenza (“ma chi si credono di essere?), e di sicuro dovrebbe “chiudere il becco.” In una intervista ha dichiarato:
“Concordo al 100% con le corti. In quel caso. dovremmo aprire i telefoni. […] Ritengo che la sicurezza, nel suo complesso, vada aperta ma dobbiamo usare le nostre teste e il buon senso. Qualcuno l’altro giorno mi ha chiamato un conservatore del buon senso. Dobbiamo usare il buon senso.”
Apple, dal canto suo, non ha dubbi sulle “buone intenzioni” dell’FBI, ma il rischio è che la cosa possa sfuggirle di mano e minare decenni di impegno volto alla sicurezza e all’integrità dei dati. “L’FBI,” ha scritto l’iCEO, “può usare parole diverse per descrivere questo strumento, ma non cadete in errore: costruire una versione di iOS che elude la sicurezza in questo modo creerebbe innegabilmente una backdoor, una porta segreta all’interno di iPhone. E sebbene il governo possa sostenere che sarebbe limitata a questo singolo caso, non c’è alcun modo per garantire un simile controllo.”
La situazione, dopo anni di richieste sussurrate e tiri di giacchetta nei corridoi, è allo stallo; le istanze di entrambe le parti sono chiarissime, come è chiarissimo che occorrerà giungere ad una soluzione politica definitiva. E qualunque essa sia, avrà enormi ripercussioni anche su di noi, dall’altra parte dell’Atlantico.