Lo sblocco dell’iPhone 5c coinvolto nella strage di San Bernardino non ha portato alla luce nessun dato in grado di cambiare le carte in tavola. Secondo quanto riportato da CNN, che cita “fonti ufficiali”, l’accesso ai dati contenuti nell’iPhone utilizzato da Syed Farook, responsabile della sparatoria, avrebbe aiutato l’FBI nello svolgimento delle indagini senza però aprire alcuna nuova pista.
Le informazioni reperite avrebbero, in effetti, risposto a diverse domande sollevate durante l’indagine, aiutando le forze dell’ordine ad escludere che ci siano state comunicazioni con altri attentatori o cospiratori durante un vuoto di 18 minuti presente nella ricostruzione degli eventi.
Ciò che invece non è stato trovato sono contatti di altri simpatizzanti di organizzazioni terroristiche o prove della trasmissione di comunicazioni criptate tramite l’iPhone.
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Questa parte della vicenda che ha coinvolto Apple e l’FBI sembra concludersi con un tono deludente alla luce dell’accesa battaglia tra la società di Cupertino e l’agenzia governativa. L’iPhone incriminato è stato sbloccato grazie all’aiuto di hacker esperti ma il metodo esatto non è ancora stato svelato e, molto probabilmente, non lo sarà affatto.
Lo scontro però non è finito: Apple è impegnata in altri procedimenti legali, sotto pressione per lo sblocco di un iPhone incriminato. Nella fattispecie, in un processo a New York, legato al traffico di stupefacenti, l’assistenza della società è richiesta per lo sblocco di un iPhone 5s. Come per il caso dell’iPhone di San Bernardino, i legali di Apple sostengono che si tratti di un ennesimo tentativo di stabilire un precedente legale.
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