Apple è molto orgogliosa dei suoi impianti di produzione di Austin, in Texas; è lì infatti che vengono assemblati (con componentistica proveniente da altre parti del mondo) i nuovi Mac Pro, ed è proprio lì che Trump ha fatto di recente un tour.
Tant’è che gli ordini consegnati in madre patria riportano tutti sulla scocca il fiero vessillo a stelle e strisce “Made in USA.” I Mac Pro che arrivano da noi, invece, raccontano un’altra storia.
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I primi esemplari di Mac Pro consegnati nel vecchio continente infatti avrebbero serigrafata la dicitura “Designed by Apple in California – Assembled in China.” Ciò consente di risparmiare sui dazi doganali imposti dall’amministrazione Trump, e in più permette di assecondare le sue smanie di nazionalismo economico, e fare bella figura.
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Ovviamente, è impensabile che l’intera filiera possa essere trasferita d’ufficio negli Stati Uniti; e infatti, una porzione (va’a sapere quanto grande) della produzione resta saldamente in Cina, ma relegandola al mercato europeo passa un po’ più inosservata.
Inoltre c’è da considerare che “assemblato” non vuol dire “costruito.” Lo ha ribadito Tim Cook stesso la scorsa estate: “La stragrande maggioranza dei nostri prodotti sono costruiti più o meno ovunque” e in un mondo sempre più globalizzato non poteva che essere così: ognuna delle centinaia di componenti dei prodotti Apple provengono da Cina, Vietnam, Giappone e perfino dall’Italia, e lo stesso discorso vale per i metalli e materiali con cui vengono forgiati. E così, direbbe De Crescenzo, hanno fatto Trump “contento e fesso.”