In questi ultimi mesi c’è stata una crescente attenzione alle politiche messe in atto da Apple su App Store, il negozio delle applicazioni online. Il timore è che, assieme a Google, abbia di fatto contribuito alla creazione di un duopolio nel settore mobile; ecco perché, nelle prossime ore, Tim Cook sarà ascoltato dall’Antitrust USA.
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Proprio mentre medesime preoccupazioni si sollevano anche nel Vecchio Continente, gli enti regolatori del commercio statunitense vogliono vederci chiaro. Nel discorso introduttivo di Tim Cook alla House Judiciary Antitrust Subcommittee di oggi, emerso in anteprima, l’iCEO spiegherà che “Apple non detiene alcun market share dominante” e che “per quanto ribadiamo la superiorità di iPhone come piattaforma, siamo ben coscienti che non costituisca l’unica scelta per il consumatore.”
Dopo un po’ di numeri (e l’immancabile quanto incontestabile contributo che Apple ha dato al settore), Cook entrerà nel vivo della questione, parlando di tariffe ed eccezioni:
“Per la maggior parte delle app su App Store, gli sviluppatori mantengono il 100% dei soldi che fanno. Le uniche app soggette a commissione sono quelle in cui lo sviluppatore acquisisce un cliente su un dispositivo Apple e dove le feature o servizi vengono fruite e esperite su un dispositivo Apple.
Le commissioni di Apple sono simili o inferiori a quelle della maggior parte dei competitor. E sono molto inferiori del 50-70% di quel che gli sviluppatori pagavano per distribuire il loro lavoro prima che lanciassimo l’App Store.”
Il problema però potrebbe essere proprio questa discrezionalità. Per esempio, nel 2018, Cupertino concesse a Microsoft di consentire il login degli account Minecraft acquistati esternamente. Lo ha spiegato Phil Schiller a Reuters:
“Durante le conversazioni coi principali sviluppatori di giochi, per esempio, Microsoft ci ha detto ‘capiamo perfettamente per quale ragione volete che l’utente sia in grado di pagare l’abbonamento sul dispositivo. Ma abbiamo un sacco di utenti che arrivano dopo aver acquistato un abbonamento o l’account da alter parti -tipo Xbox, PC, o sul web. Ed è una grande barriera per entrare nel vostro store.’ Quindi abbiamo creato questa eccezione a questa regola.”
Tradotto in soldoni: Microsoft è grande, ed è interesse di Apple avere un colosso simile -coi suoi 126 milioni di giocatori mensili- sulla propria piattaforma. Ma cosa accade con gli sviluppatori più piccoli o meno fortunati?
Le Accuse di Airbnb e ClassPass
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Di recente, Airbnb e ClassPass hanno accusato Apple di non aver nessun diritto di chiedere il 30% di commissioni sulle classi e i corsi organizzati online, pur se attraverso l’App Store di iOS.
Dopo essersi opposta alle richieste di Apple, infatti, ClassPass è ha ritirato l’app iPhone mentre Airbnb rischia un fato simile, a causa delle “Esperienze Virtuali” come corsi di cucina e sessioni di meditazione introdotti dopo la pandemia. Le trattative sono ancora in corso, ma in entrambe le situazioni è stato fatto ben chiaro che -in assenza di un accordo- le app rischiano l’epurazione coatta da App Store.
Apple si difende spiegando che introdurre questa discrezionalità nelle tariffe non sarebbe equo verso gli altri sviluppatori che invece pagano le commissioni; “per assicurarci che ogni sviluppatore possa creare e far crescere un business di successo” spiegano dalla mela, “Apple mantiene guide linea coerenti e chiare che si applicano a tutti.”
Quella che da molte parti viene definita la “capricciosa applicazione delle regole” di Apple però crea squilibri nei confronti di chi ha necessità di raggiungere i 900 milioni di potenziali clienti su iPhone, per campare; il tutto, sotto il costante ricatto della defenestrazione da App Store.
Ecco perché, all’udienza di oggi parteciperanno il CEO di Facebook Mark Zuckerberg, il CEO di Amazon Jeff Bezos e il CEO di Google/Alphabet Sundar Pichai.