Visti i risultati fiscali che vantano a Cupertino, la domanda non è come mai Best Buy abbia deciso ora di emulare Apple, ma perché, semmai, non l’abbia fatto prima. E così, cambio totale di strategia, e la catena d’elettronica di consumo statunitense punta tutto su qualità e competenze.
Best Buy non è diversa da tante altre realtà simili in Italia o nel resto del mondo. Schiere di computer stanno allineati dietro altrettante fila di frigoriferi, smartphone, lavatrici e così via; e nei weekend, le immancabili code alle casse, rese ancora più insopportabili dal frastuono generale e dalla consapevolezza che con un giretto online si sarebbe risparmiato di più e ci si sarebbe stressati nettamente meno.
Da qui l’idea di modificare il paradigma, e il passaggio alla filosofia del “Think Small,” mutuata direttamente da chi sul retail può fare scuola. Best Buy sta infatti per aprire un nuovo punto vendita in Minnesota, nei pressi del quartier generale della società, più piccolo del 20% rispetto alla media nazionale, ma molto più minimalista e à la page; alle HDTV, attualmente in crisi, sarà dedicato molto meso spazio, perché il grosso della visibilità andrà a tablet, eReader e smartphone, che invece si vendono da sé.
Infine, non sarà più necessario perdere delle ore alla ricerca dei commessi perduti, quelli perennemente impegnati in tutto fuorché nell’assistenza ai clienti: staranno tutti alla postazione Solution Central help desk, rimpinguata con gli specialisti della cosiddetta Geek Squad, ovvero l’equivalente Best Buy del Genius Bar.
Spariscono le casse come negli Apple Store; si può infatti comprare e pagare un po’ ovunque, basta solo chiedere ad un addetto. E la qualità (sulla base di customer satisfaction, vendite etc.) sarà premiata con bonus e incentivi sullo stipendio.
Se il progetto pilota si rivelerà un successo -ed è tutto da vedere-, la società conta di convertire ai nuovi canoni altri 100 punti vendita dei 1.450 che costituiscono la sua rete, e di chiuderne 50 di quelli classici.