Gene Munster, noto analista di Piper Jaffray, lo dice a chiare lettere: l’abbandono di Apple da parte del suo CEO sarebbe un disastro.
Più il tempo passa dal ritorno dell’iCEO alla guida di Cupertino, più la figura e il ruolo di Jobs si legano alla società.
Sempre Gene Munster ha calcolato che il contraccolpo sulle azioni di Apple, Inc. sarebbe drammatico: crollerebbero di almeno il 25%.
I meriti di Steve Jobs sono sotto gli occhi di tutti, bastando confrontare lo stato di salute di Apple al momento del suo arrivo e quello attuale. E non parliamo solo di performance finanziarie; Jobs ha preso Apple per mano e l’ha traghettata fuori da una crisi tecnologica e d’immagine colossale.
E il mercato questo l’ha capito.
Non a caso, quando il coinvolgimento di Jobs nello scandalo delle stock option non era ancora stato chiarito, le azioni di Cupertino hanno istantaneamente lasciato sul campo quasi il 6%, per poi riprenderselo quando l’indagine interna ha alleggerito la sua posizione.
Ma, ed è sempre Gene Munster che parla, Steve Jobs non potrà guidare Apple in eterno. Prima o poi se ne andrà in pensione o cederà alle lusinghe di chi da tempo gli tira la giacchetta (c’è pure chi lo vorrebbe candidato alla presidenza USA…).
Chi guiderà Cupertino allora?
Le capacità del management Apple sono indiscusse: Phil Schiller e Tim Cook hanno guidato bene la società nel periodo in cui il fondatore era in convalescenza; ma il carisma?
Dunque, ciò che è insostituibile non è la persona di Steve Jobs, ma la sua personalità.
Peccato, solamente, che non si possa trapiantare e, soprattutto, che un ambiente “dominato” da una personalità di tal pasta non sia proprio ideale come vivaio per nuove figure carismatiche…