In seguito alla rinuncia della certificazione EPEAT per i propri prodotti, Apple ha dovuto fronteggiare parecchie critiche e perfino i moniti del governo federale, pronto a bloccare l’acquisto di computer con la mela. E così dopo un repentino mea culpa di Mansfield, a Cupertino sono tornati sui loro passi con la coda tra le gambe e la formalizzazione dell’errore compiuto. Tutto bene, quindi, se non fosse che anche il MacBook Pro Retina da 15″ si è guadagnato il massimo grado di compatibilità con l’eco-standard; ed è scoppiato nuovamente un caso.
Qualche giorno fa, l’EPEAT aveva diramato un lungo comunicato stampa in cui annunciava l’esito delle proprie indagini sui laptop ultra-sottili, tra cui i MacBook Air e i MacBook Pro Retina di Apple; e tutti, nessuno escluso, rispetterebbero i criteri di ammissibilità decisi dall’ente. Una notizia davvero inaspettata, visto e considerato che -in primis- è un po’ improprio far ricadere i computer Retina nella categoria degli Ultra-thin; ma soprattutto, com’è possibile che il computer meno aggiornabile e meno riparabile della storia di Cupertino possa fregiarsi di un’onoreficenza simile? Su Wired si parla esplicitamente di “greenwashing,” vale a dire “l’ingiustificata appropriazione di virtù ambientaliste da parte di una società” (cit. Wikipedia). Tradotto in italiano, l’articolo in questione recita:
Il MacBook Pro Retina di Apple -il computer meno riparabile e meno riciclabile che abbia mai visto in più di una decade di disassemblaggi di elettronica- è stato appena insignito del bollino Gold, assieme ad altri quattro ultrabook. La decisione dimostra che gli standard EPEAT sono stati edulcorati fino ad un grado allarmante. […]
Nella migliore delle ipotesi, l’interpretazione dello standard Gold di EPEAT è ridicolmente fuori dalla realtà. Nella peggiore, significa che i riciclatori del decennio prossimo non riusciranno a recuperare e guadagnare da una montagna di scarti elettronici senza ricorrere a tecniche di smontaggio specifiche o a informazioni segrete da parte del produttore.
Lo standard EPEAT, insomma, è stato ridotto ad un brodino allungato per venire incontro alle esigenze di Cupertino, una società che ha sacrificato riparabilità e aggiornabilità sull’altare della portabilità. La strada imbroccata porta quindi a dispositivi sempre più integrati e compatti, adeguati per chi cambia macchina con frequenza, ma inappropriati per quanti cercano la massima durabilità o hanno semplicemente a cuore le sorti del pianeta. Tempo addietro, commentando l’insofferenza di Apple verso la rigidità dello standard, scrivemmo:
D’altro canto, ci mancherebbe pure che gli standard per l’ambiente li decidessero le società d’elettronica secondo convenienza o in base alla propria roadmap; evidentemente, ad Apple hanno fatte bene i loro conti.
E a quanto pare, avevamo visto giusto: la sensazione è che EPEAT si sia fatta davvero troppo clemente nei confronti dell’industria. E qualcosa ci suggerisce che le polemiche non si placheranno tanto presto.