Un recente articolo apparso su “The Economist” prova ad analizzare come Apple sia diventata molto più di una semplice azienda di elettronica di consumo e, come lo stesso giornale la definisce, sia oggi una “iconic company“.
L’enorme potere di questo brand nasce da una storia straordinaria di una società di computer che, rinata quando oramai era sull’orlo del fallimento, grazie al suo co-fondatore Steve Jobs, tornato all’ovile nel 1997 dopo anni di esilio, è riuscita a “reinventarsi” trasformandosi negli anni da società di computer in una azienda di elettronica di consumo, pronta ora a sbarcare nel mondo dei cellulari.
Sicuramente molto del fascino del brand Apple risiede nella sua grande capacità di innovare.
Nei sondaggi relativi alle società più innovative, infatti, Apple si colloca sempre tra i primissimi posti, in una storia che l’ha portata dal suo primo computer nel 1977 al Macintosh “mouse driven” del 1984 all’iPod del 2001 ed all’iPhone di oggi.
The Economist, da questo quadro, individua quattro semplici regole relative ad Apple ed alla sua arte di innovare con successo.
Primo, che l’innovazione può arrivare dall’esterno così come anche dall’interno.
Apple è infatti riconosciuta essere una società innovatrice, ma la sua forza sta nel combinare assieme le proprie idee con tecnologie che vengono dall’esterno, confezionando così software e prodotti eleganti.
L’idea dell’iPod, ad esempio, era inizialmente nata da un consulente esterno che Apple assunse per lanciare questa idea. Il progetto così nacque combinando assieme parti disponibili immediatamente dall’esterno con alcuni ingredienti interni alla Apple quali ad esempio il proprio “sistema distintivo” e una facilità d’uso nei comandi. Si è poi pensato ad integrarlo, prestando molta cura alla cosa, con iTunes, da allora revisionato e migliorato.
Apple è, in breve, un integratore di tecnologie, sempre pronto a far proprie idee che vengono dall’esterno ma aggiungendo sempre il suo stile e le sue caratteristiche alle stesse.
Questo approccio è conosciuto come “network innovation”, ed è utilizzato anche da altre società che non trattano elettronica, come ad esempio Procter & Gamble, BT e molte altre, che hanno compreso il potere di ammettere che non tutte le buone idee vengono dal di dentro di un’azienda.
Come spiega bene The Economist, “occorre invece coltivare contatti con aziende start-up, ricercatori universitari, alla costante ricerca di nuove idee prestando attenzione contemporaneamente che gli ingegneri non cadano nella sindrome del ‘non inventato qui’, che sempre valorizza le idee proprie rispetto alle altre.”
Secondo punto chiave, Apple con la sua storia ed i suoi progetti mostra l’importanza di progettare nuovi prodotti basandosi sui bisogni delle persone, e non sulle richieste della tecnologia.
Molte aziende di tecnologia pensano infatti di avere sviluppatori abbastanza furbi per vendere i loro prodotti, e si ritrovano così con aggeggi progettati da ingegneri per altri ingegneri. Apple, invece, ha da sempre combinato tecnologia intelligente con semplicità d’uso.
Ad esempio, l’iPod non era certo il primo player di musica digitale, ma di certo il primo a permettere di trasferire ed organizzare musica acquistata online, con delle procedure così semplici da permettere a chiunque di riuscire a farlo.
Anche l’iPhone, rileva The Economist, non sarà certo il primo cellulare con posta elettronica, browser per navigare e lettore musicale, ma cerca di imporsi sfruttando la semplicità d’uso, da sempre non proprio la caratteristica migliore dei vari smartphone sul mercato.
Apple ovviamente non è sola in questa ricerca di facilità d’uso nella tecnologia (anche Philips, ad esempio, cerca nei suoi prodotti la semplicità, come dice il suo slogan ‘sense and simplicity’, o Niklas Zennström e Janus Friis che hanno fatto della semplicità d’uso l’arma vincente di Skype e cercano ora di replicare il concetto con la televisione su internet) ma sono veramente poche le società che curano questo aspetto nei loro prodotti tecnologici.
Ascoltare i clienti è di certo una buona idea, ma da sola non basta certo ad ottenere il successo.
Una terza lezione che Apple potrebbe sicuramente tenere è quella che insegna che una società innovativa alle volte deve ignorare quello che il mercato dice di volere oggi.
L’iPod, ad esempio, è stato ridicolizzato quando fu lanciato nel 2001, ma Steve Jobs si fidò del suo istinto.
Un esempio recente viene senz’altro dalla Nintendo, che ha prodotto la Wii non pensando agli appassionati giocatori di oggi, ma immaginando un nuovo mercato, diverso, di grande attrattiva.
Infine, ultimo punto chiave nella strategia dell’innovazione di Apple, è quello di fallire saggiamente.
Il Macintosh nacque dal fallimento di Lisa, l’iPhone è la risposta di Jobs al veramente poco fortunato tentativo di portare iTunes e la sua musica su un cellulare Motorola.
Entrambe le volte Apple imparò dai suoi errori, e provò di nuovo. Anche con NeXT e Mac OSX successe qualcosa di simile; l‘insegnamento è quindi quello di non stigmatizzare i fallimenti, ma di tollerarli e imparare da essi.
Questi quattro punti chiave sono alla base del successo e dell’innovazione portata da Apple nel mondo; tuttavia, naturalmente, da soli non garantiscono successo: uno può comprare e far proprie idee geniali, curare la semplicità d’uso, ignorare i “focus group”, fallire saggiamente e non riuscire a creare nulla di innovativo e di successo.
Senza dubbio il borioso Jobs, come lo definisce The Economist, si supererà di nuovo: il successo dell’iPhone non è di certo garantito.
Ma ad oggi è difficile pensare ad una società che meglio rappresenti l’arte di innovare di Apple.