Sulla scia delle polemiche relative alla tasse -spesso ridicolmente basse- che Apple e le altre multinazionali versano ai differenti paesi del mondo, il The New York Times torna all’attacco. Scopriamo così che per il 2012 Apple pagherà agli Stati Uniti qualcosa come 6 miliardi di dollari in tasse federali; non proprio bruscolini, dunque, ma il vero problema è a monte.
Cupertino e molte altre società usano le differenze fiscali tra i vari paesi del mondo a proprio vantaggio, e alcune procedure sono addirittura codificate. Col cosiddetto “Doppia irlandese con sandwich olandese” (Double Irish With a Dutch Sandwich), per esempio, i guadagni vengono spostati verso le sussidiarie irlandesi e olandesi, per poi raggiungere l’area caraibica a tassazione agevolata. E lì restano fino a quando il governo non propone rientri agevolati, con aliquote parecchio inferiori al 35% medio federale. Al 20 settembre 2012, Apple aveva stoccato ricchezze off-shore pari a 82,9 miliardi di dollari, e il computo è in continuo aumento.
E così, con un atteggiamento che in qualche modo ricorda gli studenti nascosti sotto al banco mentre il professore scorre il registro (e se avete visto la recente puntata di Report su Amazon, sapete a cosa alludiamo), le multinazionali hanno iniziato schivare l’argomento, proprio mentre assurge a punto di discussione dell’agenda di molti parlamenti, compreso quello di Regno Unito e Francia.
Nel frattempo, però, si è chiusa l’inchiesta del Congresso sui giganti high tech e questo è quel che se ne evince:
In una sua comunicazione, Apple ha dichiarato di aver pagato “una quantità enorme di tasse” locali, statali e federali. “Nell’anno fiscale 2012 abbiamo pagato 6 miliardi di tasse federali sui profitti; ovvero 1 dollari ogni 40 di quelli che sono entrati nelle casse degli USA sotto forma di tasse.”
Sarà, ma a fronte di che fatturato sono stati versati quei 6 miliardi? E soprattutto, quanti capitali generati dalle vendite negli USA sono stati dragati fuori dai confini patrii? Il discorso, lo ripetiamo, non c’entra nulla con l’illegalità; tutto ciò che le multinazionali fanno è assolutamente lecito. Ed è lì che si annida il problema: se la sensibilità dei nostri popoli, in un periodo di crisi, vive questi escamotages come una privazione per la collettività, basta semplicemente cambiare le leggi. La conclusione che segue, l’abbiamo scritta un paio di mesi fa ma è sempre attualissima:
E non è un discorso populista: la distinzione tra illecito e immorale non è mai stata così socialmente compresa come nel periodo storico in cui viviamo. L’operato di Apple è corretto, ma è immorale che una società coi suoi bilanci restituisca alla collettività appena l’1,9% di quanto incassa, perché a nessun comune cittadino potrà mai essere garantito un simile trattamento.