Nelle scorse ore, il giudice Lucy Koh -donna particolarmente nota per la scarsa pazienza– ha stabilito che Samsung non ha violato deliberatamente la proprietà intellettuale della mela. Per questa ragione, Cupertino non potrà ottenere come auspicava un inasprimento della sanzione pecuniaria precedentemente comminata.
Come noto, e in netto controtendenza rispetto a quanto avviene nei Tribunali del resto del globo, negli Stati Uniti Apple ha stravinto sulla rivale, tanto che Samsung è stata condannata in primo grado al risarcimento di un miliardo di dollari. Col secondo grado di giudizio, i legali di Cupertino speravano di far lievitare tale somma dimostrando la volontà di dolo della controparte. L’impianto accusatorio, tuttavia, non è bastato a convincere la Koh:
Ora che Apple ha portato tutti gli elementi del caso per dimostrare se l’infrazione di Samsung fosse premeditata, la Corte non può concludere che Apple abbia raggiunto lo scopo di mostrare prove evidenti e convincenti di deliberatezza.
Ma il ragionamento del giudice è un filo più sofisticato; in buona sostanza, vengono meno le basi per accusare Samsung per la ragione che quest’ultima era sinceramente convinta della non-validità dei brevetti Apple; non-validità che però non era oggetto di dibattimento, e che quindi è ancora tutta da provare.
E sulla questione, argomento chiuso. La Koh ha infatti negato un ulteriore appello come richiesto dalla società sudcoreana, visto che “il processo è stato condotto ragionevolmente, con limiti temporali omogenei e con grande uniformità.” Un nuovo appello, si legge nella sentenza, “sarebbe contrario agli interessi della Giustizia.”