Si intitola genericamente Embedded force measurement (“Misurazione della forza integrata”) e descrive un sistema dotato d’uno strato sensibile alla pressione, incastonato in un display flessibile. Ciò consente di introdurre un nuovo elemento di input -la pressione delle dita- che si aggiunge ai gesture Multi Touch già ampiamente in uso nei dispositivi mobili di oggigiorno.
Attualmente, tutti i gingilli con la mela interagiscono con l’utente lungo due sole dimensioni, attraverso il tocco, lo scorrimento e l’uso di più punti di contatto; grazie a questo ingegnoso brevetto, invece, il controllo può avvenire anche in una terza dimensione: quella della profondità.
Non tutte le aree dello schermo debbono necessariamente conservare tuttavia la medesima morbidezza; volendo, si può concentrare le aree sensibili in alcune zone dove è più frequente l’attività di interazione, così da conservare un certo grado di robustezza e integrità strutturale.
Al di là delle questioni tecniche (davvero molto complesse), l’idea di fondo è avere un’interfaccia grafica che risponda in modo diverso a seconda della forza che applichiamo in ogni momento. Per esempio, si può modificare il volume con maggiore intensità al crescere della pressione delle dita sul cursore; ma fermatevi un attimo a immaginare le potenzialità con applicazioni tipo GarageBand: tastiere e percussioni virtuali diventerebbero d’improvviso molto più realistiche e divertenti.
Tra l’altro, questo tipo di tecnologia non ha neppure bisogno di superfici particolarmente ampie; si sposa magnificamente coi display più piccoli, il che potrebbe tornare utile per un ipotetico iWatch o quel che sarà. Il brevetto risale al 2011, e riporta in calce le firme di Stephen Brian Lynch, Benjamin Mark Rappoport, Fletcher R. Rothkopf, Paul Stephen Drzaic e Scott Andrew Myers.